venerdì 23 luglio 2010

La Chiesa perdona gli assassini del regime

2.095 morti e 1.102 scomparsi.
Durante un’udienza col presidente cileno Sebastian Pinera, gli esponenti della Chiesa locale, guidati dal vescovo Alejandro Goic e dal card. Errazuriz Ossa, hanno presentato al governo una richiesta di indulto generalizzato in nome del “perdono cristiano”, per i militari sostenitori della dittatura di Pinochet (che hanno commesso crimini contro l’umanità), per i quali occorrerebbe “saper distinguere il grado di responsabilità e autonomia che ciascuno ha veramente avuto all’epoca dei fatti, nonchè il pentimento semmai espresso per i delitti commessi”. In particolare, la Chiesa vorrebbe l’indulto per quelli più anziani o che abbiano scontato gran parte della pena.
Ena von Baer, portavoce del governo, annuncia che il presidente “rifletterà” sulla proposta e “prenderà una decisione in base agli impegni presi dal governo nei confronti della verità, della giustizia, dell’unità nazionale, della sicurezza dei cittadini e delle considerazioni di carattere umanitario”. 2.095 morti e 1.102 scomparsi.

La società civile e in particolare i familiari delle vittime della dittatura di Pinochet hanno organizzato una manifestazione mentre si svolgeva l’udienza davanti al palazzo presidenziale de La Moneda cui seguiranno altre mobilitazioni, contro l’estensione dell’indulto ai militari collusi col passato regime. I familiari dei desaparecidos hanno chiesto un incontro con gli esponenti della Chiesa locale, ma non l’hanno ottenuto.
Favorevoli all’indulto sarebbero parte della destra e i militari, contrari l’opposizione di sinistra che ha la maggioranza al Congresso e diversi esponenti dei conservatori al governo.
Mireya Garcia, vicepresidente del Gruppo delle famiglie dei prigionieri e dispersi, si dice contraria e stima che la misura riguarderebbe circa 35 militari.
Sono circa 600 i militari accusati di crimini contro l’umanità durante il regime di Pinochet, ma solo 150 sono stati incarcerati.
Consapevoli delle polemiche che l'idea ha provocato, e delle legittime posizioni di tutti gli attori sociali, garantite da uno Stato laico, i vescovi cileni precisano di non voler riaprire vecchie ferite, ma neanche di volerle chiudere per decreto. ''Vogliamo far presente alle autorita' della nazione la realta' di dolore che vivono le persone private dalla liberta" - scrivono - che gia' sono state giudicate e hanno anche compiuto buona parte delle loro condanne, e che sono parte del ''Tavolo per tutti' che aspiriamo a fare della nostra patria''. 2.095 morti e 1.102 scomparsi. Nel documento, intitolato ''Cile, un tavolo per tutti in occasione del Bicentenario'', i presuli ricordano che, da un anno a questa parte, sulla questione hanno gia' trasmesso al governo diverse riflessioni.
Nel terzo paragrafo del documento, la Conferenza episcopale esorta a tenere in considerazione le situazioni di chi ha gia' scontato gran parte della pena; dei carcerati che hanno superato i 70 anni; delle donne con uno o piu' figli minori; dei detenuti colpiti da malattie gravi, invalidi o in condizioni di salute non compatibili con la reclusione.
I vescovi affermano quindi esplicitamente che il ''tavolo per tutti' da loro auspicato ''non sarebbe completo se in questa nostra richiesta non fossero considerate le persone che scontano pene perche' colpevoli di reati contro i diritti umani durante il regime militare'', sottolineando che tra queste persone ''non tutte hanno avuto il medesimo grado di responsabilita' nei crimini commessi''. 2.095 morti e 1.102 scomparsi.

Fonti:
Asca
Uaar

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