giovedì 20 maggio 2010

Mare Nerum

MENTRE la marea nera arriva sulle coste della Louisiana, molti si chiedono cosa potrebbe accadere nel Mediterraneo, chiuso tra due piccoli stretti e trafficato quotidianamente da centinaia di navi traboccanti di petrolio.
Il Mediterraneo è considerato un mare ad altissimo rischio di inquinamento per idrocarburi. Nel 2000 sono infatti transitate 370 milioni di tonnellate di petrolio greggio e derivati attraverso il nostro bacino, circa un quinto del trasporto globale. Un valore questo, dicono gli analisti, destinato a crescere. Ciò che preoccupa di più gli esperti però è l'inquinamento cronico, quotidiano, quello che avviene sotto i nostri occhi.
Con 38 milligrammi di catrame disciolti in ogni metro cubo di acqua, il Mediterraneo sorpassa di gran lunga gli 0,6 mg per metro cubo del Golfo del Messico. Ciò nonostante, in quel settore dell'Atlantico ci siano ben 2304 piattaforme (tra petrolio e gas) operative, contro le 140 del sistema Mediterraneo-Mar Nero. Insomma, il nostro è il bacino il più inquinato del pianeta.
Nel Mediterraneo finiscono ogni anno più di 100 mila tonnellate di petrolio, diluite nel tempo, ma sempre tante rispetto le 650 tonnellate che la Deepwater Horizon sputa quotidianamente da diversi giorni. E da noi non c'è bisogno di alcun disastro. Collisioni, incidenti, o perfino atti terroristici incidono solo per il 20 per cento sull'inquinamento marino per idrocaburi. Le perdite croniche avvengono piuttosto durante le operazioni di routine delle navi cisterniere, come lo scarico delle acque di zavorra, o durante lo scarico nei terminali. A cui si aggiungono le azioni criminali compiute da alcune navi che lavano, illegalmente, le cisterne dei tanker in mare aperto. Per alcuni capitani il risparmio di tempo e denaro per le operazioni portuali vale il rischio di essere colti in flagrante dalle autorità.

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Nell' immagine, scie di petrolio a largo di Cipro.

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