A Port au Prince, la capitale di Haiti, dal terremoto in avanti, stanziano 20.000 marines, uno ogni 20 abitanti. Costano più di un miliardo di dollari al mese e saranno pagati dal popolo di Haiti in un futuro lontano perché il popolo haitiano è tuttora impegnato a pagare a banche franco-statunitensi i costi della dittatura Duvalier che Francia e Stati Uniti vollero. Intanto l’aiuto cubano-venezuelano va avanti con costanza e nel silenzio: medici, ambulatori, ben sei ospedali attrezzati a tempo di record. Benzina solidale per il paese più occupato della storia.
Haiti, il primo paese nero a essersi liberato del colonialismo, ha vissuto quasi tutto il XX secolo occupato da molteplici invasioni straniere, quasi tutte statunitensi, e ha cominciato il XX secolo nella stessa maniera. Vent’anni consecutivi al tempo della prima guerra mondiale, poi la terribile dittatura sostenuta da Parigi e Washington del clan Duvalier. Lasciò 50.000 morti ma soprattutto lasciò un paese indebitato per i secoli futuri verso quelle potenze che avevano voluto e sostenuto la dittatura. Nel quarto di secolo che ci separa da quando gli Stati Uniti consegnarono Duvalier al dorato esilio… parigino il debito è ulteriormente triplicato. Ad Haiti la notte neoliberale non ha mai dato alcun segnale di essere alla fine, con la parziale eccezione della breve stagione di Jean Bertrand Aristide, deposto da due golpe nel 1991 e nel 2004 e sequestrato e deportato infine in Africa. Anche Aristide, come nel 2009 l’honduregno Mel Zelaya, fu deposto la seconda volta per essersi avvicinato ai paesi dell’ALBA.
Dalla metà degli anni ’90 ad Haiti hanno costantemente stazionato missioni militari delle Nazioni Unite, con una media superiore alle diecimila presenze di soldati, soprattutto latinoamericani, e non c’è ONG che si rispetti che non abbia impiantato almeno una missione umanitaria nel paese. Si succedono conferenze di donatori ma Haiti ogni volta si ritrova più indebitata e con più truppe straniere sul territorio.
Oggi, a tre mesi dal distruttivo terremoto e con la stagione delle piogge iniziata a rendere ancora più disperata la situazione di chi ha perso tutto, la tendenza alla militarizzazione si accentua invece di diminuire.
Questa settimana è tornata da Haiti la portaerei Cavour. Come denuncia Intersos si è trattata non di un’operazione umanitaria ma di una grande operazione di marketing per l’industria bellica italiana. Sulla portaerei hanno viaggiato aiuti alimentari e medici e sono stati effettuati interventi importanti. Ma per smuovere quel colosso ci vogliono 900 marinai al costo di 200.000 Euro al giorno. Era proprio la miglior maniera di aiutare Haiti da parte del governo italiano?
Venezuelani e cubani sembrano indicare un’altra via: medici, infermieri, terapisti, nessuno di loro armato con un aiuto costante che va avanti dal 1993 e accresciuto col terremoto. Qualcuno sa spiegare perché vengono considerati dei paria internazionali?
da Latinoamerica
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