domenica 30 maggio 2010

Naufraghi d'Italia

Siamo un gruppo di italiani/e che vivono a Barcellona.
Insieme ad amici (non solo italiani) assistiamo seriamente preoccupati a ciò che avviene in Italia. Certo la crisi c’è anche qua, ma la sensazione è che la situazione nel nostro Paese sia particolare, soprattutto sul lato culturale, umano, relazionale.
Il razzismo cresce, così come l’arroganza, la prepotenza, la repressione, il malaffare, il maschilismo, la diffusa cultura mafiosa, la mancanza di risposte per il mondo del lavoro, sempre più subalterno e sempre più precario. I meriti e i talenti delle persone, soprattutto dei giovani, non sono valorizzati. Cresce la cultura del favore, del disinteresse per il bene comune, della corsa al denaro, del privato in tutti i sensi.
In Spagna, negli ultimi mesi, sono usciti molti articoli raccontando quello che avviene in Italia, a volte in toni scandalistici, più spesso in toni perplessi, preoccupati, sconcertati. Si è parlato dei campi Rom bruciati, dei provvedimenti di chiusura agli immigrati, delle aggressioni, dell’aumento dei gruppi neofascisti, delle ronde, dell’esercito nelle strade, della chiusura degli spazi di libertà e di democrazia, delle leggi ad personam. Dall’estero abbiamo il vantaggio di non essere quotidianamente bombardati da un’informazione (??) volgare e martellante, da logiche di comunicazione davvero malsane.
E allora: che fare? Prima di tutto capire meglio, confrontarci, quindi provare a reagire. Siamo convinti che ci siano migliaia di esperienze di resistenza, di salvaguardia del territorio, di difesa dei diritti, della salute, di servizi pubblici di qualità. E che vadano sostenute.
Al termine di un percorso che abbiamo appena iniziato, vogliamo quindi organizzare una nave che parta da Barcellona il 25 giugno 2010 e arrivi a Genova.
Sarà la nave dei diritti, che ricorderà la nostra Costituzione e la sua origine, laica e pluralista, la centralità della libertà e della democrazia vera, partecipata, trasparente: dai luoghi di lavoro alle scuole, ai quartieri, ai servizi, al territorio. Ricorderà che il pianeta che abbiamo è uno, è questo, questo è il nostro mare, di tutti i popoli. Che chiunque ha diritto di esistere, spostarsi, viaggiare, migrare, come ha diritto che la sua terra non sia sfruttata, depredata. Ricorderà che le menzogne immobilizzano, mentre la verità è rivoluzionaria. Ricorderà che cultura e arte sono i punti più alti del genere umano, sono fonte di gioia e piacere per chi li produce e per chi ne beneficia, non sono fatte per il mercato.
Ricorderà che esistere può voler dire resistere, difendere la propria e l’altrui dignità, conservare la lucidità, il senso critico e la capacità di giudizio.
Creiamo ponti, non muri.
È un grido di aiuto e solidarietà, che vogliamo unisca chi sta assistendo da fuori a un imbarbarimento pericoloso a coloro che già stanno resistendo e non devono essere lasciati/e soli/e. Non siamo un partito, non siamo una fondazione, non sventoliamo bandiere, tanto meno bianche. Siamo piuttosto un movimento di cittadini/e che non gode di alcun finanziamento.
Potete contattarci fin da subito all’indirizzo e-mail: contatto@losbarco.org

venerdì 28 maggio 2010

E' possibile...

Potrebbero esserci state "coperture" di casi di abusi sessuali nell'ambito della Chiesa cattolica anche in Italia. Lo ha detto oggi il cardinal Bagnasco. E' "possibile" che ci siano in Italia casi di vescovi che hanno insabbiato accuse contro preti pedofili. Quando una persona si rivolge al proprio vescovo per denunciare di aver subito degli abusi sessuali da parte di un prete, "la si riceve immediatamente, di giorno o di notte", ha aggiunto Bagnasco aggiungendo che il "referente naturale" delle presunte vittime in una diocesi, è il vescovo.
"C'è stata una situazione nella quale ho dovuto verificare le cose", ha detto Bagnasco ricordando il caso di un prete accusato di pedofilia all'epoca in cui egli era vescovo di Pesaro. "Applicando le norme ho verificato la verosimiglianza di un'accusa, i rumors". Questa è la cosa preliminare da fare ed è la prima fase tesa a una valutazione e a una ricerca puntuale. In quel caso non c'era consistenza e lo riferii alla congregazione a cui ci si deve riferire".
Da Repubblica

E' formidabile come la Chiesa non ammetta apertamente i crimini commessi. Dato che lo scandalo è inaudito, ne parlano per forza ma girandoci attorno e sostenendo, come in questo caso, che il fatto ha coinvolto la curia in maniera quasi marginale. Strano che ancora non si siano scagionati del tutto, dando la colpa a Satana! Dichiarano che la Chiesa presenta buone procedure (seppur lente) di investigazione e giudizio, che i casi vanno denunciati al vescovo e non alla polizia, perché i panni sporchi si lavano in casa...E comunque molte vittime rimangono presunte finché non è verificata fino in fondo la loro veridicità. Questa ipocrisia e falsità fanno del Vaticano l'istituzione che conosciamo.

giovedì 27 maggio 2010

welcome

IMMIGRAZIONE: MARONI, ANNUNCIA LA COSTRUZIONE DI NUOVI CIE.
Entro la fine dell'anno si avvieranno ilavori per la realizzazione di quattro nuovi Centri di identificazione ed espulsione (Cie) in Veneto, Toscana, Marche e Campania. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno Roberto Maroni nel corso del question time alla Camera, sottolineando che l'obiettivo del governo è quello di realizzare un Cie in ogni regione italiana entro la fine della legislatura. Per un contrasto adeguato all'immigrazione clandestina, ha detto Maroni, «occorre potenziare i Cie. Oggi ce ne sono 13 in 9 regioni, con 1.811 posti» e che«sono insufficienti per gestire l'azione di contrasto». Dunque, ha proseguito Maroni, «entro quest'anno cominceremo la costruzione» nelle quattro regioni. «Abbiamo già individuato le aree, vicino agli aeroporti, in strutture dismesse che vanno ristrutturate. Nei prossimi giorni - ha concluso il titolare del Viminale - incontrerò i presidenti delle quattroregioni, per definire con loro le nostre proposte e decidere la sede piùidonea». (ANSA). GUI 26-MAG-10 15:43

martedì 25 maggio 2010

Parlando di Dio

Davanti a 500 mila persone riunitesi a Fatima una settimana fa, il Papa ha parlato dei mali dell'umanità. Se dovessi io fare un elenco dei mali della Terra inizierei, non sò, da mafia e corruzione, poi guerra, fame nel mondo. Penserei alla mancanza di democrazia in Russia, Cina e Italia, alla pena di morte degli Stati Uniti e paesi arabi, alla privatizzazione dell'acqua. All'inquinamento, alla pedofilia nella Chiesa, terrorismo e guerre sante, AIDS, traffico di organi e bambini, deforestazione ecc.. E si potrebbe continuare all'infinito, purtroppo si ha l'imbarazzo della scelta.
Il Papa ne ha detti solo due che non stanno nel mio elenco...gay e aborto: le più grandi tragedie dell'umanità. Il demonio in Terra. Ponerli al primo posto, senza nominare gli altri e soprattutto i mali terribili interni all'istituzione di cui Josef fa parte; significa assecondarli, sminuirli, occultarli, diventandone così complici. Forse è questo il male più grande.
In risposta al papa, allego un racconto di Phill che descrive quel che il Vaticano non vuole sentire: la sua bella esperienza a 9 anni con Padre Shanley, della Chiesa del Massachussets. Oggi Phill ha 47 anni, beve, ha problemi di droga ed entra e esce da cliniche e carcere, ma questo non è un male assoluto...

(...) Padre Shanley mise di nuovo il suo braccio sulle mie spalle e strofinò la mia schiena parlando di Dio. Poi mi disse che doveva andare un istante dietro la Chiesa. Quando tornò, ci recammo al confessionale. Shanley si sedette e io rimasi in piedi davanti a lui. Cominciò a strofinare le mie cosce, ad avvolgere i miei genitali con la sua mano, parlando di Gesù, di corpi maschili, profeti, racconti spirituali, e mi tirò più vicino a lui. Ricordo il suo pene nella mia bocca, ma non ricordo come me lo abbia messo in bocca. Ricordo che indossava il suo abito talare, ma sotto era completamente nudo. Quando finì lasciammo il confessionale, tornammo nell’ufficio e Shanley mi offrì un drink. Sedevo accanto a Shanley, cominciò a leggere alcuni libri di Chiesa mostrandomi figure di Gesù e Maria.
Quando faceva questo Shanley soffregava il mio di dietro e strofinava le mie spalle, poi slacciò i miei pantaloni accarezzandomi, si mise in piedi su di me e tirò giù i miei pantaloni. Disse che voleva esaminare il mio corpo. Mi fece sedere sul suo grembo tra le sue gambe, il mio dietro contro il suo stomaco, Shanley con la sua mano sulle mie spalle mi spinse contro di lui e mi penetrò col suo pene.
E’ stata la mia prima esperienza sessuale. Quando finì mi disse di tirarmi su i pantaloni. Parlammo altri 20 minuti, e quando me ne andai Shanley mi disse che mi avrebbe visto durante la settimana nel recinto di san Patrizio. Durante quel fine settimana vidi Padre Shanley nel recinto della scuola. Mi domandò dov’era mio padre, quando sarei tornato da mia madre a Randolph, e chi viveva nella casa di mia madre, sempre accarezzando il mio di dietro e strofinando le mie spalle. La settimana seguente, dopo aver incontrato padre Shanley tornai a casa di mia madre. Padre Shanley mi diede un numero di telefono al quale avrei potuto contattarlo.
Un mese dopo il mio primo incontro lo chiamai per dirgli che avrei partecipato a un torneo di yo yo. Padre Shanley mi disse che voleva comprarmi un nuovo yo yo, che sarebbe venuto a prendermi alla casa di mia madre. Arrivò poco dopo la mia chiamata e insieme andammo al negozio per comprare un nuovo yo yo. Poi mi condusse su una pista della Blue Hills Reservation. A un certo punto della pista ci sedemmo uno accanto all’altro e Shanley mi costrinse a fare sesso orale su di lui. Egli mise le sue mani sulle mie spalle e dietro. Della conversazione non ricordo altro che ruotava intorno alla religiosità del sesso orale. Quando finì mi portò da Friendly per comprarmi un gelato, poi a casa.
Il successivo episodio ricordo avvenne alla Blue Hills Reservation. Durante il giorno. Quando arrivammo sulla pista, Padre Shanley vide un altro prete che lui conosceva. Mi presentò a Padre Bernard Lane che si accompagnava a un ragazzo. Non ricordo cosa dissi. Padre Lane e il ragazzo se ne andarono, padre Shanley ed io entrammo in un sentiero del bosco. A un certo punto ci sedemmo e Padre Shanley mi sbottonò i pantaloni, li tirò giù e cominciò a strofinare e accarezzare le mie cosce. Padre Shanley mi mise a faccia in giù e cominciò a strofinare il mio di dietro e le miei spalle. Si mise su di me e mi penetrò col suo pene mentre giacevo a faccia in giù. Ricordo che mise un condom. Padre Shanley mi fece credere che quello che stava facendo era naturale e non peccato. Mi fece dire che quello che stavamo facendo era un segreto.
La volta successiva, Shanley mi disse che voleva portarmi in una cabina che aveva a Blue Hills; non era ancora sera. Era più una capanna che una cabina. Padre Shanley prese i miei vestiti, cominciò a strofinarmi il di dietro e accarezzarmi. Parlammo un po’. Poi Padre Shanley si tolse i suoi vestiti. In quella occasione avvenne sesso orale e penetrazione. Quando finì mi portò da Friendly a prendere un gelato e mi condusse a casa.

Vidi ancora Padre Shanley nell’estate del 1973 (continua...).

lunedì 24 maggio 2010

ZOOM: La Marea Nera

All'inizio sembrava "solamente" un altro grave incidente ambientale, in realtà è un incubo, una vera e propria catastrofe ecologica. Il 22 Aprile è sprofondata, nel Golfo del Messico, la piattaforma della Bp Deepwater Horizon e ora il disastro ambientale si è esteso fino al delta del Mississipi lungo le coste di New Orleans, della Florida e dell' Alabama.
La spaventosa Marea Nera continua ad ingrandirsi e potrebbe invadere la corrente del Golfo (che dal Messico giunge fino al nord Europa), con conseguenze inimmaginabili... I dati affermano che vengono immessi nell'oceano 5.000 barili al giorno di petrolio, altri dicono 10.000. Quello che certo è che fauna e flora locale sono enormemente compromessi, insieme a tutto l'equilibrio sociale ed economico che gira attorno a quei luoghi. La vocazione turistica dell' intera area è certamente pregiudicata, e anche i migliaia di pescatori e famiglie della zona sono ora in ginocchio senza lavoro ne' pane per i loro figli.
E cosa dire dell’ immenso disastro ecologico che si e' abbattuto nelle lagune e nelle spiagge della zona. Secondo l' organizzazione Moby Solangi del Marine Mammal Studies in Gulfport (che si occupa di studiare e salvare gli organismi minacciati dall’inquinamento), esistono 5000 delfini intrappolati fra la terra ferma e la zona di fuoriuscita del greggio. Un colpo durissimo per la popolazione dato che questo e' anche il loro periodo riproduttivo molto delicato per la specie, che in questi giorni decide il futuro delle generazioni prossime. Nelle paludi del delta del Mississippi vivono oltre 400 specie animali e a riva giungono continuamente tartarughe e pesci morti, oltre a uccelli ricolmi d’olio che vengono salvati (quando si puo’) e curati dai veterinari del Tri-State Bird Rescue and Research di Fort Jackson in Louisiana. La rete televisiva Abc monitora costantemente la zona e parla di un "disastro che si intensifica".
Insomma, anche questa volta l'uomo non ha esitato ed ha anteposto i suoi interessi a tutti gli altri esseri viventi.
"L'esplosione sarebbe avvenuta a meno di un giorno dalla messa in opera del cemento che avrebbe dovuto chiudere temporaneamente il pozzo. Forse il cemento non era di qualità. Forse non era stato pompato in modo da aderire correttamente alle pareti. Il tappo non ha retto e la potenza del gas in uscita ha sprigionato l'inferno". Parlano i lavoratori della Bp, che sostengono inoltre che la compagnia petrolifera fosse andata a pescare il petrolio ben oltre i 20 mila piedi di profondità consentiti.
Dopo la proposta di bruciare il petrolio e il fallimento della collocazione di una campana che a oltre 1.500 metri di profondità avrebbe dovuto bloccare il flusso di petrolio, si proverà a collocare un tubo di 15 centimetri di diametro che dovrebbe fungere da collettore per consentire il passaggio del fluido verso una pipeline che lo porti in superficie per essere infine sversato in una nave cisterna.
Obama dice "basta alle trivellazioni", ma queste multinazionali assetate di oro nero si metteranno realmente da parte? Sembra più un utopia che un'aspettativa reale. Bisogna trovare una soluzione tempestiva ed estremamente efficace. L'appello è mondiale: chiunque abbia un idea valida per risolvere la situazione si faccia avanti.
Tra i tanti, si e' fatto sentire Nicchi Vendola che propone una soluzione tecnologica tutta "Made in Puglia" per far fronte alla crisi della marea nera. «La Fluidotecnica Sanseverino, con sede a Bari, ha realizzato un sistema in grado di assorbire ed eliminare le chiazza di olio che si depositano sulla superficie del mare». L’Oilsep Cc Ecology, questo il nome del macchinario brevettato «è in grado di separare senza additivi chimici l’olio dall’acqua permettendo così una rapida eliminazione di tutti gli elementi inquinanti che galleggiano». Il sistema è interamente finanziato da un imprenditore barese, Michele Sanseverino, che ha utilizzato i risparmi di famiglia per creare questa macchina miracolosa gia' testata da grandi aziende (tra cui la Bosch) e oggetto di interesse nelle zone di estrazione di idrocarburi fossili, come l’Oman e la Nigeria.
«In collaborazione con il distretto della meccanica della Confindustria di Bari – ha dichiarato Sanseverino – siamo già al lavoro per preparare un piano d’azione e pianificare eventuali interventi. La macchina funziona e siamo pronti».
La crisi e’ inaudita, l’impatto incalcolabile e di certo, non conosce limiti doganali. E' necessario che tutta la popolazione mondiale si attivi nel cercare una soluzione valida, funzionale e veloce e non sarebbe male se anche nella martoriata Universita’ italiana, si affronti la tematica, in modo che la ricerca porti ad un risvolto positivo.

Valeria Gabrielli

venerdì 21 maggio 2010

Il tg degli aBusi

Dopo l'annunciato abbandono di Santoro alla Rai a causa delle profonde inimicizie creatosi in Rai solo per aver detto la pura verità, si annuncia un'altra batosta per il regime mediatico Berlusconiano, che a forza di insabbiare e falsificare la realtà pur di occultare il vero operato e spirito nefasto del governo; manda in rovina il prestigio decennale della Tv pubblica italiana. Infatti, la storica conduttrice del Tg1 Maria Luisa Busi, ha deciso di abbandonare la conduzione del telegiornale, a causa dell'indegno operato del suo direttore Minzolini, apertamente schierato a favore del governo Berlusconi. In una lettera sofferta, la giornalista quasi ammette di vergognarsi di far parte di una testata così falsa da aver perso credibilità e prestigio, obbiettività e contatto con la realtà. Numerosi sono le notizie e i fatti elencati dalla Busi sistematicamente evitati dal Tg. Chiaro è il progetto di occulto e raggiro; bugiarda è la realtà mostrata e raccontata.
Il gesto della conduttrice è certamente meritevole, tanto quanto è lodevole preferire la rete e non guardare più programmi come il Tg1, fin quando non tornino a offrire un'informazione oggettiva e veritiera.
Di seguito, alcuni suoi commenti e stralci della lettera spedita al direttore.

C'è chi dice che il tg1 è tg schierato. Cosa ne pensa?
"Mi chiedo come si possa dire il contrario. È sotto gli occhi di tutti, di milioni di spettatori. Sempre meno, tra l'altro. Abbiamo perso pubblico siamo attestati al 26 per cento di ascolto. Incontro continuamente gente che dice, "io non vi guardo più". La gente più disparata. Difficile credere che non dipenda da due ordini di problemi: il primo, gli editoriali. Il direttore ha diritto a farli, ma non credo debba dimenticare che si tratta del primo giornale del servizio pubblico. Che non si era mai schierato a questi livelli sui temi cari al governo e alla presidenza del consiglio. Il secondo, è la rappresentazione del Paese. Al tg1 non si parla più della vita reale, dei problemi dei cittadini, di chi ha perso il lavoro, di chi non ce la fa, dei cassintegrati, dei precari della scuola".

Voi conduttori ci mettete la faccia. Vi imbarazza la satira del Trio Medusa, che vi prende in giro per l'annuncio dei servizi leggeri del Tg1?
"Questo crea in me un grande imbarazzo. Esercito sempre il mio ruolo, come altri colleghi, nel cercare di evitare che l'infotainment (informazione-intrattenimento) dilaghi a dismisura come sta accadendo. Una volta, come sesta notizia abbiamo dato i cigni imprigionati dal ghiaccio in Ucraina e poche righe sullo sciopero generale in Sardegna. Senza nulla togliere ai colleghi che fanno quei pezzi cosiddetti leggeri, e cercano di farli al meglio, così non si può andare avanti. Ma il peggio è stato a L'Aquila, quando a protestare contro la troupe del Tg1 che guidavo, sono state centinaia di persone terremotate".

La lettera:
"Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perché è un grande giornale. E' stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella. Il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati. Questo è il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani. Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non è mai stato il giornale di una voce sola.

Oggi l'informazione del Tg1 è un'informazione parziale e di parte.
Dov'è il Paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi salari peggiori d'Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare avanti perché negli asili nido non c'è posto per tutti i nostri figli? Devono farsi levare il sangue e morire per avere l'onore di un nostro titolo. E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie. Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i cassintegrati dell'Alitalia? Che fine hanno fatto? E le centinaia di aziende che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perchè falliti? Dov'è questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare? Quell'Italia esiste. Ma il tg1 l'ha eliminata. Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel Tg1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale".

"L'Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un'informazione di parte - un editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro sull'inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato, smentito dai fatti il giorno dopo - e l'infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo. Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della più importante azienda culturale del Paese. Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di più alto profilo e interesse generale".

"I fatti dell'Aquila ne sono stata la prova. Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. E' quello che accade quando si privilegia la comunicazione all'informazione, la propaganda alla verifica".

giovedì 20 maggio 2010

Mare Nerum

MENTRE la marea nera arriva sulle coste della Louisiana, molti si chiedono cosa potrebbe accadere nel Mediterraneo, chiuso tra due piccoli stretti e trafficato quotidianamente da centinaia di navi traboccanti di petrolio.
Il Mediterraneo è considerato un mare ad altissimo rischio di inquinamento per idrocarburi. Nel 2000 sono infatti transitate 370 milioni di tonnellate di petrolio greggio e derivati attraverso il nostro bacino, circa un quinto del trasporto globale. Un valore questo, dicono gli analisti, destinato a crescere. Ciò che preoccupa di più gli esperti però è l'inquinamento cronico, quotidiano, quello che avviene sotto i nostri occhi.
Con 38 milligrammi di catrame disciolti in ogni metro cubo di acqua, il Mediterraneo sorpassa di gran lunga gli 0,6 mg per metro cubo del Golfo del Messico. Ciò nonostante, in quel settore dell'Atlantico ci siano ben 2304 piattaforme (tra petrolio e gas) operative, contro le 140 del sistema Mediterraneo-Mar Nero. Insomma, il nostro è il bacino il più inquinato del pianeta.
Nel Mediterraneo finiscono ogni anno più di 100 mila tonnellate di petrolio, diluite nel tempo, ma sempre tante rispetto le 650 tonnellate che la Deepwater Horizon sputa quotidianamente da diversi giorni. E da noi non c'è bisogno di alcun disastro. Collisioni, incidenti, o perfino atti terroristici incidono solo per il 20 per cento sull'inquinamento marino per idrocaburi. Le perdite croniche avvengono piuttosto durante le operazioni di routine delle navi cisterniere, come lo scarico delle acque di zavorra, o durante lo scarico nei terminali. A cui si aggiungono le azioni criminali compiute da alcune navi che lavano, illegalmente, le cisterne dei tanker in mare aperto. Per alcuni capitani il risparmio di tempo e denaro per le operazioni portuali vale il rischio di essere colti in flagrante dalle autorità.

Leggi il resto dell'articolo su Repubblica
Guarda le FOTO di Greenpeace del disastro in Luisiana

Nell' immagine, scie di petrolio a largo di Cipro.

martedì 18 maggio 2010

Il silenzio degli innocenti

Come sapete, ieri due soldati italiani di 33 e 25 anni, sono rimasti uccisi in un attentato a Kabul. E' dal 2004 che l'Italia partecipa alla missione di guerra in Afghanistan, e in 7 anni i caduti militari italiani sono stati 24. In tutto lo stivale sono decine le vie, le piazze, i viali, le strade, i parchi, i colli, i circoli, gli alberi e i piazzali dedicati ai 19 militari caduti nell'attentato di Nassirya. Questo perché c'è molta attenzione da parte dello Stato su questo argomento e per ogni soldato ucciso (in media, uno ogni 106 giorni), ci sono i funerali ufficiali, si riaccende il dibattito politico, si fanno vari discorsi e interventi, servizi televisivi per una settimana o più. Ben venga.
Allo stato attuale i soldati italiani impiegati in Afghanistan sono circa 2.800, dei quali la maggioranza volontari. Da giugno (fonte: Ministro La Russa) arriveranno circa 1000 uomini in più, nell'ambito della nuova strategia di guerra fortemente voluta dal neo nobel per la pace Barack Obama.
Ora, è ovvio che dispiace per la morte di tutti questi soldati, e allo stesso tempo si pensa però che il fatto di andare in guerra, in qualche modo implica fin dall'alba dell'uomo, la possibilità di non tornare indietro vivi. Questa è una oggettiva, tremenda verità. Qualsiasi soldato responsabile e lucido che và in guerra magari anche volontariamente, lo mette in conto che potrebbe succedergli qualcosa. Loro ci partono, si allenano per mesi per sparare e magari uccidere nelle missioni di pace di noi occidentali che la pace la facciamo con la guerra.
Ma al contempo esistono altre persone, che invece escono di casa per andare a prendere l'acqua alla fonte e finiscono per terra con un cranio fracassato da una pallottola inglese. Esistono anche tanti bambini che li vanno a prendere con l'ambulanza perché le loro gambe se l'è portate via una mina con scritto "Made in Italy". Questa gente, quando è uscita di casa, non c'è l'aveva in conto di morire quel giorno. Nessuno li allena per schivare le pallottole o per giocare a calcio nei campi minati.
C'è un video di Emergency abbastanza toccante, dove si mostra la vera guerra, dove si mostra davvero chi combatte. Nella metodologia di intervento della NATO domina il caos: spessissimo i militari sparano a caso per il semplice sospetto della presenza di ribelli. Alcune volte attaccano basi amiche, altre volte sparano ai giornalisti scambiando i loro teleobbiettivi per lancia-missili; troppe altre volte colpiscono zone di soli civili innocenti. Anche i medici di Emergency lavorano a caso...per loro non c'è differenza nei pazienti: siano essi civili, talebani o americani, sono pur sempre feriti e vanno salvati, tutti. Questa è la loro guerra, questa la loro battaglia.
39 i piccoli e grandi conflitti nel mondo e il 90% delle vittime sono civili innocenti dei quali il 40% bambini...
Il 90% delle vittime di guerra è innocente...milioni di persone l'anno...centinaia al giorno.
A loro nessuno dedica nulla...forse non ci sono abbastanza piazze...

Zarghona (25 anni) ha il viso completamente fasciato e la mascella fracassata da una pallottola che, prima di entrare nella sua guancia, ha sfondato la testa del suo bambino di un anno e mezzo, uccidendolo. Parla con un filo di voce, fissando le lenzuola: “Prima hanno iniziato a sparare, poi sono iniziate a cadere le bombe. Tutte le donne del villaggio, come me, sono uscite di casa, fuggendo con i bambini in braccio. Io correvo tenevo mio figlio stretto a me, poi i soldati afgani ci hanno sparato. La stessa pallottola…”. Il pianto interrompe il bisbiglio della donna, che si copre il volto per non farsi vedere.

Zadran ha 16 anni. Gli hanno tolto dalla gamba cinque proiettili. “E’ iniziata una sparatoria, poi gli inglesi, dal deserto, hanno iniziato a prendere a cannonate il villaggio. Sono corso fuori di casa, volevo scappare. I soldati afgani mi hanno sparato con i mitra, colpendomi alla gamba. Nel mio villaggio sono morti 2 bambini. Due uomini sono stati arrestati e giustiziati dai militari governativi senza alcun motivo. Li conoscevo, non erano talebani. Quelli se ne erano già andati”.

Mirwais ha 12 anni. Giace sdraiato su un fianco, immobile e ci resterà per tutta la vita perché un proiettile gli è entrato nella colonna vertebrale, condannandolo così alla tetraplegia. A parlare è suo padre Zalmay, occhi tristi, pelle scura e rugosa, barba sale e pepe e turbante nero. “Da lontano gli inglesi sparavano sul nostro villaggio con i cannoni, invece da vicino i soldati afgani sparavano con i fucili. Un colpo, forse di mortaio, è caduto fuori dalla nostra casa, uccidendo tutte le nostre bestie e ferendo mio figlio al collo e mia moglie alla gamba. Siamo stati fortunati: un altro colpo è caduto sulla casa dei nostri vicini, radendola al suolo e uccidendo due persone”.

Sadikha ha 22 anni e viene dal villaggio di Zumbelay. Una scheggia di bomba aerea le è entrata in pancia, uccidendo il bambino di cinque mesi di cui era incinta. Stà nel reparto di terapia intensiva fasciata dalla testa ai piedi, nascosta dietro una tenda. Fissa il vuoto e farfuglia parole incomprensibili attraverso la maschera a ossigeno. Forse sta raccontando la storia di questa guerra senza senso.

Fonte delle interviste: PeaceReporter

lunedì 17 maggio 2010

L'amore vince sempre sull'odio....

Art. 8
"Il Parlamento europeo <...> ribadisce il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell'Unione europea senza discriminazioni; »

Omofobia: "un insieme di emozioni e sentimenti come ansia, disgusto, avversione, paura e disagio, che taluni provano in maniera conscia o inconscia nei confronti di gay e lesbiche".
Ansia, disgusto, avversione, paura, disagio.
E' possibile provare tutto questo di fronte a un essere umano, solo perché va a letto con la persona "sbagliata"?
E' possibile che tutto questo sia scatenato da due semplice parole: "sono gay"?
E possibile che ragazzi e ragazze, nel 2010, vengano insultati, perseguitati, emarginati, pestatati perché si innamorano di una persona del loro stesso sesso?
Non solo è possibile: è reale. Non solo è reale: è cronaca. E' l'Italia.
Perché accade tutto questo? In nome di cosa?
Ansia, disgusto, avversione, paura, disagio.
In una parola: odio. In una parola: omofobia.

Prima sono venuti a prendere gli zingari, e noi non abbiamo protestato perché non eravamo zingari; poi sono venuti a prendere gli ebrei, e noi non abbiamo protestato perché non eravamo ebrei,poi sono venuti a prendere i comunisti, e noi non abbiamo protestato perché non eravamo comunisti; poi sono venuti a prendere gli omosessuali...

Oggi, 17 maggio, ricorre la Giornata Internazionale contro l'Omofobia e la Trasfobia, istituita dal Parlamento Europeo nel 2007. Questo appuntamento si rivela quanto mai necessario, soprattutto sulla scia di un 2009 che, nella sua ultima parte, è stato macchiato dal sangue e dalla vergogna di molti episodi di violenza omofoba.
Importante per ricordare, per sensibilizzare, per tornare a parlare di un tema che purtroppo è ancora di forte attualità. Importante per rivendicare la necessità, in Italia, di una legislazione che tuteli la comunità lgbt attraverso l'introduzione di un'aggravante per i crimini d'odio. Importante per ribadire, a prescindere dalle convinzioni politiche e personali o dall'orientamento sessuale, un deciso "NO" a ogni forma di violenza e discriminazione. Perché l'omofobia ci riguarda tutti, perché se non protestiamo oggi, i prossimi potremmo essere noi.
In qualunque modo, simbolico o non, oggi è importante esserci e partecipare. 17 maggio, Giornata Internazionale contro l'Omofobia. "Ansia, disgusto, avversione, paura, disagio": malattie sociali e umane che ci riguardano tutti, etero, gay, trans, di destra, di sinistra, cattolici e non. Perché oggi leggiamo di un pestaggio, di un insulto, di un'aggressione. Se non protestiamo oggi, domani potrebbe toccare a noi. Se non protestiamo oggi, siamo complici.
...poi sono venuti a prendere gli omosessuali,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo omosessuali...
Infine sono venuti a prendere noi, e non c'era più nessuno capace di protestare.

giovedì 13 maggio 2010

La protesta ritorna

Università, una settimana di blocco.

I ricercatori: "Per noi nessun futuro".
Dal 17 al 22 maggio è previsto uno stop della didattica in tutti gli atenei italiani.
Il 19 una manifestazione davanti al Parlamento

Ad Ancona:

Da LUNEDI' a VENERDI'
Negli spazi d'ingresso di tutte le Facoltà e nel porticato del Rettorato: sessione poster sul DdL e sulle nostre richieste con presenza di Ricercatori.
Durante le lezioni (tranne il martedì, vedi punto seguente) proiezione di slides sul DdL e le nostre richieste per 10 minuti all'inizio o durante la pausa.

MARTEDI' 18
Sospensione di tutte le attività didattiche, per consentire la libera partecipazione di tutto il personale e degli studenti all'occupazione simbolica del Rettorato.
Dalle 10 alle 12 in Rettorato, durante “l'occupazione”, si terrà assemblea generale, i Ricercatori consegneranno simbolicamente le loro INDISPONIBILITA' ALLA DIDATTICA ed eleggeranno i propri referenti per il Coordinamento Nazionale.

MERCOLEDI' 19
Partecipazione alla manifestazione nazionale a Roma, viaggio in pulman appositamente organizzato.

SABATO 22
In Piazza Roma dalle 10 alle 12: “Researcher Corner” con distribuzione di materiale informativo, posters e possibilità di interazione diretta pubblico-ricercatori.


Mandateci info su proteste in altre sedi!

La piaga di Haiti

A Port au Prince, la capitale di Haiti, dal terremoto in avanti, stanziano 20.000 marines, uno ogni 20 abitanti. Costano più di un miliardo di dollari al mese e saranno pagati dal popolo di Haiti in un futuro lontano perché il popolo haitiano è tuttora impegnato a pagare a banche franco-statunitensi i costi della dittatura Duvalier che Francia e Stati Uniti vollero. Intanto l’aiuto cubano-venezuelano va avanti con costanza e nel silenzio: medici, ambulatori, ben sei ospedali attrezzati a tempo di record. Benzina solidale per il paese più occupato della storia.
Haiti, il primo paese nero a essersi liberato del colonialismo, ha vissuto quasi tutto il XX secolo occupato da molteplici invasioni straniere, quasi tutte statunitensi, e ha cominciato il XX secolo nella stessa maniera. Vent’anni consecutivi al tempo della prima guerra mondiale, poi la terribile dittatura sostenuta da Parigi e Washington del clan Duvalier. Lasciò 50.000 morti ma soprattutto lasciò un paese indebitato per i secoli futuri verso quelle potenze che avevano voluto e sostenuto la dittatura. Nel quarto di secolo che ci separa da quando gli Stati Uniti consegnarono Duvalier al dorato esilio… parigino il debito è ulteriormente triplicato. Ad Haiti la notte neoliberale non ha mai dato alcun segnale di essere alla fine, con la parziale eccezione della breve stagione di Jean Bertrand Aristide, deposto da due golpe nel 1991 e nel 2004 e sequestrato e deportato infine in Africa. Anche Aristide, come nel 2009 l’honduregno Mel Zelaya, fu deposto la seconda volta per essersi avvicinato ai paesi dell’ALBA.
Dalla metà degli anni ’90 ad Haiti hanno costantemente stazionato missioni militari delle Nazioni Unite, con una media superiore alle diecimila presenze di soldati, soprattutto latinoamericani, e non c’è ONG che si rispetti che non abbia impiantato almeno una missione umanitaria nel paese. Si succedono conferenze di donatori ma Haiti ogni volta si ritrova più indebitata e con più truppe straniere sul territorio.
Oggi, a tre mesi dal distruttivo terremoto e con la stagione delle piogge iniziata a rendere ancora più disperata la situazione di chi ha perso tutto, la tendenza alla militarizzazione si accentua invece di diminuire.
Questa settimana è tornata da Haiti la portaerei Cavour. Come denuncia Intersos si è trattata non di un’operazione umanitaria ma di una grande operazione di marketing per l’industria bellica italiana. Sulla portaerei hanno viaggiato aiuti alimentari e medici e sono stati effettuati interventi importanti. Ma per smuovere quel colosso ci vogliono 900 marinai al costo di 200.000 Euro al giorno. Era proprio la miglior maniera di aiutare Haiti da parte del governo italiano?
Venezuelani e cubani sembrano indicare un’altra via: medici, infermieri, terapisti, nessuno di loro armato con un aiuto costante che va avanti dal 1993 e accresciuto col terremoto. Qualcuno sa spiegare perché vengono considerati dei paria internazionali?

da Latinoamerica

lunedì 10 maggio 2010

V per Vecchietti


Da Il Giro di Mario Vecchietti

Mauro Vecchietti
ha 24 anni, studia Sociologia della Multiculturalità ad Urbino e si è candidato come indipendente nella lista “UdU- liste di sinistra- liste democratiche” alle elezioni per il rinnovo del CNSU 2010.

‘Il Giro di Mauro Vacchietti’ (facebook) è il comitato elettorale, nato in seno all’associazionismo studentesco urbinate (ma con amici sparsi in tutt’Italia!) che sostiene la candidatura di Mauro.

Al programma dell’Unione degli Universitari (UDU), che abbiamo voluto sottoscrivere senza riserve, abbiamo pensato di aggiungere delle proposte (progetti e battaglie) che, seppure ideate a partire dalla nostra realtà cittadina, sono assolutamente attualiper gli studenti di tutt’Italia.

Parliamo di:

1) Una nuova concezione di cittadinanza studentesca. Basata sulla granitica rivendicazione di diritti e di servizi e, in particolare la mobilità studentesca e la fruizione dei servizi culturali. Il diritto allo studio deve diventare, infatti un vero e prorpio welfare studentesco che permetta allo studente di essere pienamente cittadino ; inoltre il numero, l’elevato numero di studenti che vive nelle città universitarie e che, in certe realtà, si avvicina incredibilmente a quello dei cittadini residenti, costringe ad immaginare un nuovo modo di relazionarsi fra città e comunità studentesca. Un confronto costante ed un apprendimento reciproco da garantirsi attraverso l’istituzione del Consigliere Aggiunto degli Studenti Universitari (CASU) nel Consiglio Comunale cittadino, consigliere che rappresenterebbe l’interfaccia fra comunità studentesca, Consiglio degli Studenti, società civile e istituzioni cittadine.

2) Una rinnovata riflessione sulla didattica universitaria che oggi, dopo dieci anni di riforme del sistema universitario, deve necessariamente ripartire dal basso. La complessità prodotta dal moltiplicarsi di corsi di laurea e di discipline può oggi trovare un argine solo nella costituzione delle commissioni paritetiche sulla didattica: queste sono esplicitamente previste dall’art. 12 comma 3 del DM 270 e esprimono dei pareri vincolanti sui regolamenti didattici. Noi, e Mauro in primis, ci batteremo affinché vengano istituite quanto prima in ogni facoltà perché crediamo che sia questo lo strumento che, almeno potenzialmente, potrebbe determinare una maggior organicità dei corsi.

3) Politiche volte a tutelare e promuovere il diritto allo studio delle studentesse e degli studenti disabili a partire non solo dall’inserimento negli statuti delle università italiane di questo fondamentale concetto (come già ottenuto nel nostro ateneo dopo una lunga contrattazione) ma fino ad una reale assunzione di responsabilità da parte dell’università rispetto al diritto alla salute e all’integrità fisica. Ricordiamo l’ostinato e puntuale intervento di Mauro per il rinnovo della convenzione che regola la mobilità degli studenti disabili sul territorio. Ora bisogna puntare sull’implementazione della didattica concordata e speciale, nonché sull’inserimento di strumenti didattici, tecnologici e di tutor ad hoc formati e specializzati tra le nuove generazioni. Da ultimo ricordiamo l’annosa questione dell’abbattimento delle barriere architettoniche, tecnologiche e ambientali che ostacolano la vita di tanti giovani disabili.

4) Politiche volte a tutelare e promuovere il diritto allo studio delle studentesse e degli studenti disabili a partire non solo dall’inserimento negli statuti delle università italiane di questo fondamentale concetto (come già ottenuto nel nostro ateneo dopo una lunga contrattazione) ma fino ad una reale assunzione di responsabilità da parte dell’università rispetto al diritto alla salute e all’integrità fisica. Ricordiamo l’ostinato e puntuale intervento di Mauro per il rinnovo della convenzione che regola la mobilità degli studenti disabili sul territorio. Ora bisogna puntare sull’implementazione della didattica concordata e speciale, nonché sull’inserimento di strumenti didattici, tecnologici e di tutor ad hoc formati e specializzati tra le nuove generazioni. Da ultimo ricordiamo l’annosa questione dell’abbattimento delle barriere architettoniche, tecnologiche e ambientali che ostacolano la vita di tanti giovani disabili.

Per queste e altre battaglie vi chiediamo un sostegno deciso alla candidatura di Mauro Vecchietti. La sua candidatura indipendente è la candidatura dei piccoli-medi atenei, dell’associazionismo studentesco e di chi crede in un paese più giusto e un’università migliore.


Il 12 e 13 maggio sulla scheda gialla, fai una croce sul sole e scrivi
Mauro Vecchietti

il Video

venerdì 7 maggio 2010

Cantando la Resistenza

Una splendida serata. Una serata di condivisione, di ascolto, di comunicazione, di memoria.

L' evento di ieri sera "Mille papaveri rossi" organizzato dal Pablo Neruda, è stata una splendida occasione di incontro generazionale, di scoperta e riscoperta, di passato e futuro nel segno della Resistenza.
La Resistenza legata non solo alla storica lotta partigiana, ma anche alla resistenza di oggi, contro tutti quei poteri che limitano la nostra personalità, la possibilità di scegliere, conquistare e difendere la propria indipendenza e autogestione.
Le musiche dei Controcanto e dei Vincanto, c'hanno immerso nelle pagine della nostra storia, dentro alle fabbriche in sciopero, fra i rastrellamenti fascisti, nelle proteste contadine, fino alle avventure dei briganti delle boscaglie. E che dire di Stefano Fabbroni, che coi suoi interventi teatrali struggenti (scritti da lui ascoltando racconti e testimonianze di anziani), c'ha coinvolto in tempi lontani e vicini, c'ha portato nelle piazze e nelle strade di guerra a parlare con chi fu protagonista di quei tempi cupi e terribili che terminarono col 25 Aprile.
Se oggi siamo noi, se oggi possiamo scendere in piazza e cantare, possiamo votare liberamente e soprattutto, se oggi possiamo scegliere...lo dobbiamo solo alle lotte fatte in passato contro chi voleva privarci di questa libertà.
A 150 anni dall' Unità nazionale e 65 anni dalla liberazione dal regime fascista, l'Italia deve ancora molto combattere, deve ancora farsi sentire e deve ancora cantare e urlare in faccia a chi ci minaccia.
In 65 anni, la memoria rischia d'offuscarsi se non viene rispolverata di continuo. Basta poco per ricadere nel buio, per ritornare sui propri passi, per precipitare in errori tragici dei quali purtroppo oggi rivediamo chiare somiglianze.
Abbiamo cantato affinché la storia non si ripeta, affinché le lotte di ieri siano lotte di oggi, per non dimenticare chi ha combattuto per noi. Abbiamo cantato soprattuto per imparare a seguire le loro orme, per difenderci e per far sentire la nostra voce; urlando quella parola essenziale, potente e cruda che è "libertà".
La storia siamo noi...la Resistenza esiste e resiste.
E lo diciamo cantando.





Un sincero grazie a chi è venuto e a chi ha collaborato alla realizzazione della serata.

sabato 1 maggio 2010

Giovedì 6 - MILLE PAPAVERI ROSSI - Evento 2010


Mille papaveri rossi
Canti di lotta, amore e Resistenza

Giovedì 6 maggio 2010
Ore 21:00
Quadriportico del Palazzo Ducale (Giurisprudenza)
Camerino (MC)



INGRESSO LIBERO

Programma:

Concerto dei gruppi folk
Vincanto e Controcanto
Canti di lotta e resistenza dal dopoguerra ai giorni nostri



Interventi teatrali di
Stefano Fabbroni

70 pallottole e 3 còri
Racconto sull’eccidio di Ancona, 7 giugno 1914, che
diede il là agli scontri della settimana rossa.

Erina e le filandaie de’ Tulindì
Racconto ispirato sulle violenze fasciste sulle lavoratrici della filanda, appartenenti alla Lega dei Lavoratori, all’indomani della Marcia su Roma e la fine del biennio rosso.

Carlo Orsolini e la Signora Zervas
Racconto ispirato ad un episodio della strage di Capolapiaggia -frazione di Camerino-, un episodio de cosiddetta “Sagra di San Giovanni, il 24-25-26 giugno del 1944, rastrellamento nazi-fascista a pochi giorni dalla liberazione avvenuta il 29 giugno 1944.