E’ la legge più omofoba del Vecchio continente. In Lituania gli omosessuali rischiano grosso se il progetto di legge sulla “difesa dei minori rispetto alle informazioni pubbliche” sarà approvato. Alcuni emendamenti presentati chiedono di punire “la pubblica promozione delle relazioni omosessuali” con una multa compresa tra i 580 e i 2900 euro per evitare che i minori accedano liberamente alle informazioni sull’orientamento sessuale. Nel mirino della normativa anche i gay pride, le marce per l’orgoglio omosessuale. Nonostante la bocciatura dell’Ue, che ha richiamato al rispetto dei diritti fondamentali, il governo di Vilnius non accenna a far marcia indietro: “Il voto su questa legge è affare dei membri del parlamento lituano” ha dichiarato Virginija Baltraitienė, vice portavoce della Seimas, il parlamento nazionale lituano. “Anch’io voterò a favore della non pubblicizzazione dell’omosessualità perché è meglio non parlarne ai bambini ma lasciare che siano loro stessi, crescendo, a scoprire che ci sono persone diverse”.
Insomma: meno si sa sugli omosessuali meno ce ne saranno in giro. Il progetto di legge, ribattezzato “legge anti-gay”, ha scandalizzato l’opinione pubblica internazionale e ha provocato l’intervento del Parlamento europeo. A tale riguardo è stata approvata una risoluzione che chiede alle autorità lituane di respingere la normativa. Ora la decisione spetta a Vilnius.
L’Europarlamento ha chiesto alla Presidentessa lituana Dalia Grybauskaite, ex commissaria europea, di porre il veto sul provvedimento sia nel rispetto del diritto europeo che della stessa costituzione lituana. L’Agenzia Ue dei diritti fondamentali (FRA) ha denunciato nel Novembre 2010 il rischio di “criminalizzazione di qualsiasi espressione pubblica, rappresentazione o informazione sull’omosessualità”. Stando a quanto riferisce l’agenzia, in Lituania i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) sono seriamente a rischio, contrariamente agli altri paesi (come Francia Germania, Olanda e Spagna) dove essere gay non è più un tabù.
Preoccupata l’associazione Lithuanian Gay League (LGL), che ha fatto appello al presidente e al premier lituano affinché recepiscano le raccomandazioni anti discriminazione del Consiglio d’Europa datate 31 marzo 2010.
Intanto Il Parlamento europeo coglie l’occasione per chiedere alla Commissione una “Roadmap (una tabella di marcia, ndr) Ue con misure concrete per combattere l’omofobia e le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale”. Oggi in nel paese baltico le coppie omosessuali non sono legalmente riconosciute né tanto meno possono sposarsi o adottare bambini. Una situazione simile all’Italia e ad altri paesi Ue (Grecia, Bulgaria, Romania, Slovacchia, Polonia) e lontana anni luce dalle più liberali Spagna, Belgio e in generale i Paesi nordici (Svezia, Danimarca e la non-Ue Norvegia) .
La “legge anti-gay” lituana prova che la discriminazione sessuale in Europa è tutt’altro che scomparsa. In Repubblica Ceca, ad esempio, resta valido il “test fallometrico“, che consiste nel verificare l’orientamento sessuale di un richiedente asilo tramite la visione di un film pornografico etero. Una pratica accusata di ledere i diritti umani basilari stabiliti dai trattati internazionali.
Morten Kjaerum, direttore FRA, fa un bilancio in chiaro scuro dei diritti delle persone LGBT in Europa: “Ci sono aspetti positivi e negativi. Alcuni paesi non riconoscono ancora il matrimonio omosessuale con conseguenze legali e pratiche per i cittadini che vogliono trasferirsi in un altro stato Ue. Proprio gli stereotipi sono all’origine dell’inattività e della discriminazione ancora presenti in alcuni Paesi”.
Da. Il Fatto
Insomma: meno si sa sugli omosessuali meno ce ne saranno in giro. Il progetto di legge, ribattezzato “legge anti-gay”, ha scandalizzato l’opinione pubblica internazionale e ha provocato l’intervento del Parlamento europeo. A tale riguardo è stata approvata una risoluzione che chiede alle autorità lituane di respingere la normativa. Ora la decisione spetta a Vilnius.
L’Europarlamento ha chiesto alla Presidentessa lituana Dalia Grybauskaite, ex commissaria europea, di porre il veto sul provvedimento sia nel rispetto del diritto europeo che della stessa costituzione lituana. L’Agenzia Ue dei diritti fondamentali (FRA) ha denunciato nel Novembre 2010 il rischio di “criminalizzazione di qualsiasi espressione pubblica, rappresentazione o informazione sull’omosessualità”. Stando a quanto riferisce l’agenzia, in Lituania i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) sono seriamente a rischio, contrariamente agli altri paesi (come Francia Germania, Olanda e Spagna) dove essere gay non è più un tabù.
Preoccupata l’associazione Lithuanian Gay League (LGL), che ha fatto appello al presidente e al premier lituano affinché recepiscano le raccomandazioni anti discriminazione del Consiglio d’Europa datate 31 marzo 2010.
Intanto Il Parlamento europeo coglie l’occasione per chiedere alla Commissione una “Roadmap (una tabella di marcia, ndr) Ue con misure concrete per combattere l’omofobia e le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale”. Oggi in nel paese baltico le coppie omosessuali non sono legalmente riconosciute né tanto meno possono sposarsi o adottare bambini. Una situazione simile all’Italia e ad altri paesi Ue (Grecia, Bulgaria, Romania, Slovacchia, Polonia) e lontana anni luce dalle più liberali Spagna, Belgio e in generale i Paesi nordici (Svezia, Danimarca e la non-Ue Norvegia) .
La “legge anti-gay” lituana prova che la discriminazione sessuale in Europa è tutt’altro che scomparsa. In Repubblica Ceca, ad esempio, resta valido il “test fallometrico“, che consiste nel verificare l’orientamento sessuale di un richiedente asilo tramite la visione di un film pornografico etero. Una pratica accusata di ledere i diritti umani basilari stabiliti dai trattati internazionali.
Morten Kjaerum, direttore FRA, fa un bilancio in chiaro scuro dei diritti delle persone LGBT in Europa: “Ci sono aspetti positivi e negativi. Alcuni paesi non riconoscono ancora il matrimonio omosessuale con conseguenze legali e pratiche per i cittadini che vogliono trasferirsi in un altro stato Ue. Proprio gli stereotipi sono all’origine dell’inattività e della discriminazione ancora presenti in alcuni Paesi”.
Da. Il Fatto
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