domenica 20 febbraio 2011

I dittatori

I dittatori

È rimasto un odore tra i canneti:
un misto di sangue e carne, un penetrante
petalo nauseabondo.
Tra le palme da cocco le tombe sono piene
di ossa demolite, di ammutoliti rantoli.
Il delicato satrapo conversa
tra coppe, colletti e cordoni d'oro.
Il piccolo palazzo luccica come un orologio
e le felpate e rapide risate
attraversano a volte i corridoi
e si riuniscono alle voci morte
e alle bocche azzurre sotterrate di fresco.
Il dolore è celato, simile ad una pianta
il cui seme cade senza tregua sul suolo
e fa crescere al buio le grandi foglie cieche.
L'odio si è formato squama su squama,
colpo su colpo, nell'acqua terribile della palude,
con un muso pieno di melma e silenzio.

Pablo Neruda
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Los Dictatores

Ha quedado un olor entre los cañaverales:
Una mezcla de sangre y cuerpo, un penetrante
Pétalo nauseabundo.
Entre los cocoteros las tumbas están llenas
De huesos demolidos, de estertores callados.
El delicado sátrapa conversa
Con copas, cuellos y cordones de oro.
El pequeño palacio brilla como un reloj
Y las rápidas risas enguatadas
Atraviesan a veces los pasillos
Y se reúnen a las voces muertas
Y a las bocas azules frescamente enterradas.
El llanto está escondido como una planta
cuya semilla cae sin cesar sobre el suelo
y hace crecer sin luz las grandes hojas ciegas.
El odio se ha formado escama a escama,
Golpe a golpe, en el agua terrible del pantano
Con un hocico lleno de légamo y silencio.
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sabato 19 febbraio 2011

Non disturbiamo i cecchini

Si aggrava il bilancio delle violenze in Libia, dove la regione orientale della Cirenaica, e in particolare le città Bengasi ed El Beida, sembra essere ormai teatro di una vera e propria rivolta: le vittime sono 120, secondo l'opposizione in esilio. I feriti almeno mille. (84 morti negli ultimi tre giorni, secondo le cifre fornite dall'organizzazione umanitaria Human Rights Watch).
La giornata di oggi si è aperta con la sospensione dei servizi internet in tutto il Paese da parte del governo; i manifestanti avrebbero invece occupato l'aeroporto di Bengasi, teatro degli scontri più sanguinosi e dove ieri è stata data alle fiamme la sede di una radio locale.
Fuoco su corteo funebre: 15 vittime.
Le forze di sicurezza libiche hanno oggi aperto il fuoco contro un corteo funebre a Bengasi, nell'est del paese, uccidendo almeno 15 persone e facendo decine di feriti, stando a quanto riferisce sul suo sito web l'emittente panaraba Al Jazira.
Cecchini sono in azione da oggi a Bengasi. Appostati sui tetti della città, riferisce al Jazira, hanno aperto il fuoco contro i dimostranti. Si contano diverse vittime. Le fonti locali non sono ancora in grado però di fornire un bilancio esatto delle vittime. Sempre secondo al Jazira stamane alcuni aerei da trasporto militari carichi di armi per la polizia sono atterrati in un aeroporto a sud di Bengasi.
Il figlio di Gheddafi, Saadi, si trova a Bengasi assediato dai manifestati che vogliono arrestarlo, secondo quanto riferisce il sito Internet del quotidiano 'Libya El Yom'. Lo stesso giornale parla inoltre di una forza militare speciale, capeggiata da Abdallah Al Senoussi - genero e capo della guardia speciale dello stesso Gheddafi - e composta da circa 1500 soldati, diretta nella città nell'est del Paese per prelevare Saadi e riportarlo a Tripoli.
"L'ho visto con i miei occhi: almeno 70 cadaveri in ospedale", ha raccontato un medico, Wuwufaq al-Zuwail, aggiungendo che le forze della sicurezza hanno impedito alle ambulanze di recarsi nei luoghi delle proteste.
La tv satellitare ha raccontato anche di proteste in aumento contro il colonnello Muammar Gheddafi. Spiegando che il governo di Tripoli ha bloccato il segnale di al Jazeera nel paese, l'emittente riferisce inoltre che è stato oscurato anche il sito web. In questo caso non si tratta però di un provvedimento mirato. L'accesso a Internet, secondo quanto affermato da Arbor Networks, una società specializzata nella sorveglianza del traffico web basata negli Stati Uniti, la rete telematica è stata infatti bloccato completamente in Libia nel corso della notte. La Libia ha "bruscamente interrotto" l'accesso a internet alle 02.15 locali (le 1.15 in Italia), ha precisato la società, aggiungendo che le connessioni internet erano già molto disturbate ieri. Spesso la censura avviene con una brutale sospensione dell’elettricità in zone specifiche del paese. Un grafico prodotto da Google che monitora il traffico web internazionale mostra la curva delle connessioni libiche che nelle prime ore di sabato si schiaccia verso lo zero.
A Bengasi, la situazione è comunque particolarmente tesa. Secondo la Bbc parte dei soldati libici si sono uniti oggi in strada ai manifestanti. "I soldati sono cittadini di questo Paese e non possono combattere contro di noi", ha dichiarato uno dei dimostranti al sito della televisione britannica. In precedenza al Jazeera aveva riferito che per le strade di Bengasi erano stati schierati mercenari e che cecchini sparavano sui manifestanti, provocando la morte ed il ferimento di diverse persone.

Il Premier risponde: "Non disturbo Gheddafi"

Fonte: L'Unità
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giovedì 17 febbraio 2011

Tutti gli uomini del presidente

Da Scilipoti alla Polidori, da Razzi alla Siliquini: i deputati che sono passati con Berlusconi adesso girano con autista e lampeggiante. E aspettano con ansia le 'loro' poltrone nel prossimo rimpasto di governo.
C'è chi per un posto di governo è disposto a ripercorrere il Cammino di Santiago de Compostela, come i mendicanti medievali. È il caso dell'ex giornalista del Tg1 Francesco Pionati, oggi deputato dell'Alleanza di centro, l'Adc.

Ogni fine settimana il figlio dell'ex sindaco di Avellino riunisce i suoi aderenti in un'amena località religiosa: a Padova, presso la basilica di Sant'Antonio, a Cassino, sotto l'abbazia di San Benedetto. A una certa ora, miracolo, si materializza la voce di San Silvio, in collegamento telefonico con i discepoli pionatiani, puntualmente ripreso da tutti i tg della sera. Malignano che non di iscritti all'Adc si tratti, ma di autentici pellegrini arruolati per una giornata a basso costo e tutto compreso, visita al monastero-messa-pranzo al sacco-telefonata del presidente del Consiglio, ma l'importante è che tutto questo girovagare serva a consegnare a Pionati la tanto desiderata poltrona di sottosegretario. Altrimenti non resterà che andare a Lourdes.

Pionati è solo una delle tante anime in pena che soffrono in questi giorni di passione. Il Cavaliere li chiama la terza gamba della maggioranza, insieme a Pdl e Lega. Sono i 21 deputati del gruppo dei Responsabili. "Più disponibili che responsabili", corregge un collega. Formati da transfughi di ogni genere (c'è l'imprenditore ex veltroniano e l'operaio ex dipietrista, l'ex fascista e l'ex comunista), una babele di dialetti e di idiomi preferibilmente originari del regno delle Due Sicilie, decisivi per tenere in vita Berlusconi e la legislatura. La casella a sorpresa nelle grandi e infime manovre dei rimpasti e degli allargamenti prossimi venturi che devono consentire al governo di superare i passaggi più delicati: la ripresa dello scontro sulla giustizia, il federalismo, il tentativo di riportare il processo breve nell'aula di Montecitorio nelle prossime settimane e il vero match di cui già si vocifera, l'eventuale conflitto di attribuzione da sollevare con il tribunale di Milano sul processo Ruby.

continua su l'Espresso

martedì 15 febbraio 2011

Un giorno in pretura

Bbc: “Giudizio immediato per Berlusconi accusato di aver pagato per fare sesso con una 17enne”

Cnn: “Il premier, Silvio Berlusconi, sarà processato per aver fatto sesso con una prostituta minorenne e per abuso di potere”

Le Monde: “Affaire Ruby, la giustizia italiana decide per il ‘processo immediato’ a Berlusconi”

Sky News: “Berlusconi affronta il processo per il sesso con un’adolescente”.

Financial Times: “Il premier Silvio Berlusconi rinviato a giudizio con l’accusa di aver pagato una relazione sessuale con una teenager minorenne e tentato di coprire la vicenda”

The Wall Street Journal: “Berlusconi a processo per prostituzione minorile”

Abc News: “Berlusconi a processo in un’inchiesta sulla prostituzione”

Al-Jazeera: “Berlusconi sarà processato per aver pagato una relazione sessuale con una minorenne e aver abusato della sua posizione, tentando di coprire la vicenda”

Sueddeutsche: “Berlusconi in tribunale per gli scandali sessuali”

Bild: “Berlusconi a processo”

Stern: “Berlusconi in giudizio”

El Mundo: “Berlusconi sarà giudicato per abuso di potere e prostituzione minorile”

El Paìs: “Berlusconi sarà giudicato ad aprile per prostituzione minorile e concussione”

Foto: Wall street journal

lunedì 14 febbraio 2011

Il ritorno del femminismo

"Se non ora quando". Cinquantamila a Napoli, molte di più a Milano, Roma e Torino, ventimila a Palermo, altrettante a Bari. Migliaia a Trieste, Pesaro, Bergamo, Treviso e in molte le città della Sardegna. Capoluoghi di regione e piccoli centri di provincia. Le donne si uniscono, senza colori politici, per “riprendersi la dignità”. Le adesioni, comunque, non si limitano solo al sesso femminile. "Ciò che conta" scandiscono le organizzatrici, "è evitare di ridurci a un coro che chiede solo le dimissioni di Berlusconi". Ma il fenomeno va oltre confine, con ritrovi organizzati a New York, Parigi, Bercellona, Berlino, Francoforte, Tokyo. E anche dagli archeologi italiani in Kuwait. A Bruxelles le manifestanti raccontano: "Siamo stanche di subire tutti i giorni battute per colpa di Berlusconi". Presidio tricolore anche a New York: "Il nostro Paese ha fatto troppi passi indietro. Vorremmo tornare in Italia, ma non in queste condizioni", dicono i manifestanti di Times Square. Il premier, però, non vuole vedere la portata dell'evento e risponde alla piazza barricandosi nel suo impero mediatico: intervenendo telefonicamente a Mattino 5 parla di "una manifestazione orchestrata dalla sinistra".
Fonte: Il Fatto

Video di Macerata
Video di Ancona
Video di Arcore

Ecco i coperchi faziosi...
Silvio: cosa direbbe tua madre?!

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giovedì 10 febbraio 2011

Lo schiaffo a Eluana

Il Fatto:
Non è potuta morire in pace, né adesso la lasciano riposare in pace. Oggi [ieri ndr], secondo anniversario della scomparsa di Eluana Englaro, ricorre la giornata nazionale degli stati vegetativi, celebrazione indetta dal Consiglio dei ministri, su proposta del sottosegretario Eugenia Roccella. Non bastavano, per Beppe Englaro, le urla in Senato il giorno della morte, o le leggi dell’ultimo minuto che hanno cercato in tutti i modi di bloccarlo. Ancora una volta la politica è entrata nella vita della famiglia di Lecco, che ha definito questo ennesimo gesto di sfida “indelicato e inopportuno”.

Il padre di Eluana, Beppe Inglaro, pochi giorni fa ha depositato il suo biotestamento, dove delega come amministratore di sostegno, garante delle sue volontà nel caso in cui non fosse più in grado di intendere o di esprimersi con i medici, l'avvocato Franca Alessio (già curatrice di Eluana durante la lunga battaglia giudiziaria per ottenere l'autorizzazione a sospendere l'alimentazione forzata).
Di seguito la sua testimonianza presa da L'Espresso:

«Chiunque voglia tutelarsi da questi pericoli, può fare come ho fatto io. La medicina fa miracoli, ma a volte fa disastri irreparabili. Io non ho il tabù della morte, ho il tabù di quello che mi possono fare i medici contro la mia volontà. L'idea che tocchino il mio corpo, che entrino dentro di me, che mi puliscano gli escrementi senza che io lo voglia è qualcosa di orribile, una violenza inaudita ed è contro la costituzione e i diritti naturali di ognuno di noi. Eluana è stata violentata, io non posso immaginare che questo capiti anche a me».

E così la decisione di delegare già da subito le proprie volontà all'avvocato Alessio. Convinto che, se anche il Italia non ci sarà mai una legge sul biotestamento, «la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la convenzione di Oviedo e la stessa sentenza Englaro siano dei paletti legislativi tali da impedire che un medico, a fronte di quel documento, possa sottopormi a cure cui io ho negato il consenso», aggiunge Englaro. A chi gli parla delle manifestazioni dei pro vita o delle dichiarazioni del ministro Maurizio Sacconi, il padre di Eluana non dà più nemmeno retta. Parla di «recite» ed «effetti speciali» della politica italiana.

«Biotestamento significa che ognuno decide per sé, per cui chi vuole farsi curare ad oltranza, da questo provvedimento, ottiene il diritto di farlo per ora e per sempre. Io non ho mai chiesto nulla a questi signori, non ho mai imposto il mio pensiero. Mentre questi signori hanno imposto a mio figlia cure che lei non voleva. Che c'entrano loro con Eluana? Loro invocano la sacralità della religione, che vale per i credenti. Io, in uno stato laico, credo che l'unica sacralità sia la libertà dell'individuo. E io l'ho scritta. Ora nessuno può dirmi che quella non è la mia volontà. Il curatore è solo un delegato, sono io che parlo. E non possono nemmeno dirmi che ho cambiato idea, perché se avessi cambiato idea sarei tornato dal notaio a cambiare il biotestamento».

A due anni dalla morte di Eluana nella clinica udinese "La Quiete" è, dunque, papà Beppino a riaprire il dibattito sulle volontà di fine vita. Con il rischio che il parlamento riprenda la discussione sul progetto di legge che affida al medico e non al paziente l'ultima decisione. Una legge che Englaro combatterà con tutte le forze: «La sola idea che una mente umana, in questo caso un medico, possa costringere un altro umano a vivere uno stato che in natura non esiste, che è l'esito non voluto di un tentativo di rianimazione non riuscito, è incredibile. Non è pensabile che i medici possano attuare su di me questi loro tentativi senza avere il mio consenso. Loro lo sanno bene, ma non lo dicono. E così organizzano manifestazioni».

Lacrime di Caimano


lunedì 7 febbraio 2011

Arresto ad Arcore!

Ma no, niente...falso allarme...

Inizialmente, alla notizia "Arresto ad Arcore" c'era qualche bolscevico maligno che aveva auspicato nell'arresto di un qualche Premier...uno qualunque...ma niente.
I più utopici speravano almeno in un arresto cardiaco, ma neanche quello.
Poveri comunistelli: l'unto dal Signore è immortale!
Poi adé con la protesi al cazzo...che je voi dì? Altro che Bossi.

Di seguito un'immagine dell' assalto di ieri al Palazzo San Marino.
Ad Arcore, le truppe bolsceviche hanno assaltato il Palazzo, fastosa residenza degli zar, divenuta poi sede del "Governo del farsi" e del "Bordello Liberty".
Dopo gli scontri, sono ancora in atto le ricerche del cosiddetto "letto di Putin", dove lo zar usa conservare parti importanti del suo membro per feste innocenti o proiezioni di Baarìa...
(Le immagini drammatiche dell' assalto di ieri al Palazzo dello Zar.
Le istituzioni unanimi sentenziano: "I manifestanti sono cattivi e brutti")
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sabato 5 febbraio 2011

Donne di tutto il mondo, uniamoci!

SE NON ORA, QUANDO?

“Ma non è così strano, pensò Mendel; due buoni orologi segnano la stessa ora, anche se sono di marche diverse. Basta che partano insieme.”

Queste due righe, tratte dal romanzo di Primo Levi cui abbiamo chiesto a presto il titolo come slogan della manifestazione che il 13 febbraio ci vedrà unite, in tutta Italia, in quello che speriamo essere un unico pensiero, dicono forse tutto: segnare la stessa ora, partire assieme. Ripartire forse sarebbe meglio dire, ripartire da dove ci siamo lasciate quando credevamo che la nostra dignità fosse al sicuro, che l’idea fosse passata, che la donna fosse libera, rispettata e padrona della propria vita, che di lei venissero riconosciuti il coraggio, la tenacia, l’intelligenza, la forza e la capacità di esserci sempre e comunque. Esserci nei propri studi, nel proprio lavoro, coi propri figli, nella cura della propria famiglia passata e futura. Esserci con la pazienza di sempre ma anche con orgoglio e senso dei diritti oltre che dei doveri. Esserci per poter dire e fare, esserci per poter contare. Ma qualcosa è successo: abbiamo abbassato la guardia, abbiamo dato troppo per scontato. In questi ultimi decenni la logica del disprezzo e della mercificazione è stata più forte delle nostre speranze. Ci siamo lasciate sopraffare da una cultura strisciante e misera che dagli anni ’80 cominciava a riproporre come mezzo ed obiettivo tutto ciò contro il quale avevamo lottato. Il corpo contro la mente, l’arroganza contro l’onestà, la vendita della carne un tanto al chilo.
E la misura, oggi, è colma.
Non si tratta di partiti, non si tratta di ideologie. Qui si tratta di noi, della nostra vita e della vita e del futuro delle nostre figlie e di quelle che verranno dopo di loro. Le donne hanno detto basta, hanno deciso che fosse ora di farsi di nuovo sentire, di recuperare l’indignazione, l’orgoglio ed il peso in una vita pubblica e politica che è oramai la caricatura di un brutto film a luci rosse.
Quello che sta succedendo in questi ultimi tempi, gli scandali nei quali è coinvolto il capo del nostro governo, lo svilimento nel quale versano i ruoli stessi di coloro che sarebbero chiamati a far funzionare il nostro paese, la sozzura e l’indecenza sono avvenimenti da tempo annunciati. E’ un modo che si sta preparando da anni. E’ il momento di dire basta, fermare questa follia, guardarci negli nocchi, riconoscerci e ripartire, tutte quante, tutte assieme, nelle nostre uguaglianze e differenze. Verrà il momento del confronto politico, verrà il momento del confronto
ideologico, torneranno le discussioni e sicuramente le divergenze di opinione.
Ma su una cosa non si può assolutamente farci trovare divise: la difesa della nostra dignità.
Le donne delle Marche aderiscono alla manifestazione nazionale del 13 febbraio per dire basta, ora, subito. SE NON ORA, QUANDO?

Di Giuliana Brega


Manifestazione regionale

Ancona

DOMENICA 13 FEBBRAIO 16:00 davanti al Teatro delle Muse.
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venerdì 4 febbraio 2011

Dati oscuri sulla marea nera

Da: Il fatto quotidiano

Non è passato poi tanto tempo dall’esplosione della piattaforma Deep Water Horizon di proprietà di Beyond Petrolium e – come del resto per molti altri incidenti simili – il calo di attenzione dei media sul problema diffonde quella strana convinzione che tutto sia risolto. Dei circa 760 milioni di litri dispersi in mare, invece, solo una piccola parte è stata recuperata attraverso lo skimming superficiale. Un’altra esigua percentuale – scelta avallata dall’emergenza dovuta alla vicinanza con la costa – è stata combusta in mare, separando la parte volatile dai residui più pesanti, finiti successivamente sul fondo del mare. I milioni di litri di solventi utilizzati, invece, hanno solo complicato la situazione. Sono infatti state immesse in mare sostanze tossiche e teratogene e pertanto molto pericolose per il delicato ecosistema marino della zona. Il Golfo del Messico non è prezioso solo dal punto di vista della biodiversità, ma anche e soprattutto perché è la riserva di pesca in grado di soddisfare il 20% della domanda interna agli Stati Uniti. Gran parte del petrolio sversato sembra scomparso dai rapporti ufficiali di BP sullo stato della bonifica, ma fortunatamente numerosi studi indipendenti sono stati portati avanti dalle tante organizzazioni impegnate sul posto, con esperti nel campo per valutare i danni all’ecosistema marino. Ne risulta che gran parte del petrolio disperso giace ancora su un’area di oltre 270 km quadrati di fondo marino e nella sabbia dei circa 1800 km di coste della Louisiana colpite dalla marea nera. Alcune spedizioni scientifiche hanno rilevato, sotto lo strato superficiale della sabbia, una componente di greggio che ormai si è amalgamata irrimediabilmente e la cui bonifica appare molto complessa. A questo petrolio nascosto va aggiunto quello accumulatosi nei cosiddetti oil plumes, ovvero degli agglomerati di composti più densi dell’acqua, che raggiungono anche 20 km di lunghezza, per 6 km di larghezza e uno spessore di 100 metri. Queste “nuvole” di petrolio galleggiano a mezz’acqua fino a circa 1000 metri di profondità, privando il delicato ecosistema marino dell’ossigeno necessario alla sopravvivenza e mettendo in pericolo l’intera catena alimentare. La notizia, confermata anche dal New York Times, lascia intendere che le cifre presentate dalla BP siano ancora frutto di manipolazioni per ridurre l’entità del danno percepito e che, al contrario, il danno reale stia minacciando seriamente la sopravvivenza di quell’ecosistema. L’amministrazione Obama ha contribuito alla disinformazione, facendo pressione affinché fosse minimizzato il flusso di notizie provenienti dalle zone interessate, avendo a mente il pessimo fallimento di George W Bush durante il disastro dovuto all’uragano Katrina, le cui polemiche non si sono mai spente completamente negli animi degli americani. La Casa Bianca, inoltre, non è ancora intervenuta sulla debole regolamentazione sulla sicurezza degli impianti. Molte piattaforme in alto mare, infatti, fanno affidamento alla loro ubicazione in acque internazionali per registrare gli impianti nel piccolo stato delle Isole Marshall, dalle deboli norme sulle misure di controllo e sicurezza, nonostante di fatto esse siano strettamente connesse agli impianti statunitensi di trattamento e raffinazione.
E pensare che basterebbe che gli Stati Uniti solamente imponessero livelli di consumo del parco auto circolante nel Paese simili a quelli europei, perché la richiesta nazionale di greggio si riducesse di circa 1 miliardo di barili di petrolio all’anno, contribuendo alla possibile chiusura di numerose piattaforme petrolifere o meglio ancora al calo del 90% delle importazioni di greggio dai Paesi del Medio Oriente. La volontà politica, soprattutto a livello internazionale, di regolamentare i mercati secondo i criteri della sostenibilità è la chiave che può aprire le porte di un vero cambiamento nei paradigmi industriali di tutti i settori produttivi, a partire dal reperimento delle materie prime e delle fonti energetiche.
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mercoledì 2 febbraio 2011

Non è un paese per donne?

Le altre donne
di Concita De Gregorio

Esistono anche altre donne. Esiste San Suu Kyi, che dice: «Un’esistenza significativa va al di là della mera gratificazione di necessità materiali. Non tutto si può comprare col denaro, non tutti sono disposti ad essere comprati. Quando penso a un paese più ricco non penso alla ricchezza in denaro, penso alle minori sofferenze per le persone, al rispetto delle leggi, alla sicurezza di ciascuno, all’istruzione incoraggiata e capace di ampliare gli orizzonti. Questo è il sollievo di un popolo».

Osservo le ragazze che entrano ed escono dalla Questura, in questi giorni: portano borse firmate grandi come valige, scarpe di Manolo Blanick, occhiali giganti che costano quanto un appartamento in affitto. È per avere questo che passano le notti travestite da infermiere a fingere di fare iniezioni e farsele fare da un vecchio miliardario ossessionato dalla sua virilità. E’ perché pensano che avere fortuna sia questo: una valigia di Luis Vuitton al braccio e un autista come Lele Mora. Lo pensano perché questo hanno visto e sentito, questo propone l’esempio al potere, la sua tv e le sue leader, le politiche fatte eleggere per le loro doti di maitresse, le starlette televisive che diventano titolari di ministeri.
Ancora una volta, il baratro non è politico: è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura, di consapevolezza, di dignità. L’assenza di un’alternativa altrettanto convincente. E’ questo il danno prodotto dal quindicennio che abbiamo attraversato, è questo il delitto politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il medioevo catodico, infine l’Italia ridotta a un bordello.

Sono sicura, so con certezza che la maggior parte delle donne italiane non è in fila per il bunga bunga. Sono certa che la prostituzione consapevole come forma di emancipazione dal bisogno e persino come strumento di accesso ai desideri effimeri sia la scelta, se scelta a queste condizioni si può chiamare, di una minima minoranza. È dunque alle altre, a tutte le altre donne che mi rivolgo. Sono due anni che lo faccio, ma oggi è il momento di rispondere forte: dove siete, ragazze? Madri, nonne, figlie, nipoti, dove siete. Di destra o di sinistra che siate, povere o ricche, del Nord o del Sud, donne figlie di un tempo che altre donne prima di voi hanno reso ricco di possibilità uguale e libero, dove siete? Davvero pensate di poter alzare le spalle, di poter dire non mi riguarda? Il grande interrogativo che grava sull’Italia, oggi, non è cosa faccia Silvio B. e perché.

La vera domanda è perché gli italiani e le italiane gli consentano di rappresentarli. Il problema non è lui, siete voi. Quel che il mondo ci domanda è: perché lo votate? Non può essere un’inchiesta della magistratura a decretare la fine del berlusconismo, dobbiamo essere noi. E non può essere la censura dei suoi vizi senili a condannarlo, né l’accertamento dei reati che ha commesso: dei reati lasciate che si occupi la magistratura, i vizi lasciate che restino miserie private.

Quel che non possiamo, che non potete consentire è che questo delirio senile di impotenza declinato da un uomo che ha i soldi – e come li ha fatti, a danno di chi, non ve lo domandate mai? - per pagare e per comprare cose e persone, prestazioni e silenzi, isole e leggi, deputati e puttane portate a domicilio come pizze, continui ad essere il primo fra gli italiani, il modello, l’esempio, la guida, il padrone.

Lo sconcerto, lo sgomento non sono le carte che mostrano – al di là dei reati, oltre i vizi – un potere decadente fatto di una corte bolsa e ottuagenaria di lacchè che lucrano alle spalle del despota malato. Lo sgomento sono i padri, i fratelli che rispondono, alla domanda è sua figlia, sua sorella la fidanzata del presidente: «Magari». Un popolo di mantenuti, che manda le sue donne a fare sesso con un vecchio perché portino i soldi a casa, magari li portassero. Siete questo, tutti? Non penso, non credo che la maggioranza lo sia. Allora, però, è il momento di dirlo.


VIDEO
presentazione della manifestazione

Domenica 13 febbraio anche ad Ancona:
PIAZZA ROMA dalle 15:00 alle 18:00

qui il link facebook dell'evento
ed il gruppo facebook:
manifestazione - riprendiamoci la dignità - donne in piazza

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Non parlate di gay ai bambini

E’ la legge più omofoba del Vecchio continente. In Lituania gli omosessuali rischiano grosso se il progetto di legge sulla “difesa dei minori rispetto alle informazioni pubbliche” sarà approvato. Alcuni emendamenti presentati chiedono di punire “la pubblica promozione delle relazioni omosessuali” con una multa compresa tra i 580 e i 2900 euro per evitare che i minori accedano liberamente alle informazioni sull’orientamento sessuale. Nel mirino della normativa anche i gay pride, le marce per l’orgoglio omosessuale. Nonostante la bocciatura dell’Ue, che ha richiamato al rispetto dei diritti fondamentali, il governo di Vilnius non accenna a far marcia indietro: “Il voto su questa legge è affare dei membri del parlamento lituano” ha dichiarato Virginija Baltraitienė, vice portavoce della Seimas, il parlamento nazionale lituano. “Anch’io voterò a favore della non pubblicizzazione dell’omosessualità perché è meglio non parlarne ai bambini ma lasciare che siano loro stessi, crescendo, a scoprire che ci sono persone diverse”.

Insomma: meno si sa sugli omosessuali meno ce ne saranno in giro. Il progetto di legge, ribattezzato “legge anti-gay”, ha scandalizzato l’opinione pubblica internazionale e ha provocato l’intervento del Parlamento europeo. A tale riguardo è stata approvata una risoluzione che chiede alle autorità lituane di respingere la normativa. Ora la decisione spetta a Vilnius.

L’Europarlamento ha chiesto alla Presidentessa lituana Dalia Grybauskaite, ex commissaria europea, di porre il veto sul provvedimento sia nel rispetto del diritto europeo che della stessa costituzione lituana. L’Agenzia Ue dei diritti fondamentali (FRA) ha denunciato nel Novembre 2010 il rischio di “criminalizzazione di qualsiasi espressione pubblica, rappresentazione o informazione sull’omosessualità”. Stando a quanto riferisce l’agenzia, in Lituania i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) sono seriamente a rischio, contrariamente agli altri paesi (come Francia Germania, Olanda e Spagna) dove essere gay non è più un tabù.

Preoccupata l’associazione Lithuanian Gay League (LGL), che ha fatto appello al presidente e al premier lituano affinché recepiscano le raccomandazioni anti discriminazione del Consiglio d’Europa datate 31 marzo 2010.

Intanto Il Parlamento europeo coglie l’occasione per chiedere alla Commissione una “Roadmap (una tabella di marcia, ndr) Ue con misure concrete per combattere l’omofobia e le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale”. Oggi in nel paese baltico le coppie omosessuali non sono legalmente riconosciute né tanto meno possono sposarsi o adottare bambini. Una situazione simile all’Italia e ad altri paesi Ue (Grecia, Bulgaria, Romania, Slovacchia, Polonia) e lontana anni luce dalle più liberali Spagna, Belgio e in generale i Paesi nordici (Svezia, Danimarca e la non-Ue Norvegia) .

La “legge anti-gay” lituana prova che la discriminazione sessuale in Europa è tutt’altro che scomparsa. In Repubblica Ceca, ad esempio, resta valido il “test fallometrico“, che consiste nel verificare l’orientamento sessuale di un richiedente asilo tramite la visione di un film pornografico etero. Una pratica accusata di ledere i diritti umani basilari stabiliti dai trattati internazionali.

Morten Kjaerum, direttore FRA, fa un bilancio in chiaro scuro dei diritti delle persone LGBT in Europa: “Ci sono aspetti positivi e negativi. Alcuni paesi non riconoscono ancora il matrimonio omosessuale con conseguenze legali e pratiche per i cittadini che vogliono trasferirsi in un altro stato Ue. Proprio gli stereotipi sono all’origine dell’inattività e della discriminazione ancora presenti in alcuni Paesi”.

Da. Il Fatto