sabato 25 dicembre 2010

Natale in Terra Santa

Gaza, la guerra non si ferma

Nonostante il silenzio della stampa, gli attacchi israeliani continuano
nella Striscia

E' sorprendente constatare quanti giornalisti internazionali, anche fra i
più quotati, una volta giunti a Gaza riportino come l'assedio si sia
attenuato osservando i negozi strapieni di cianfrusaglia e il declino del
mercato nero dei tunnel negli ultimi mesi.

Senza necessariamente entrare nella Striscia basterebbe documentarsi con i
rapporti delle maggiori organizzazioni per i diritti umani per comprendere
la situazione reale. Recentemente, 21 fra le maggiori Ong che operano a
Gaza, fra le quali Amnesty International, Oxfam, Save the Children,
Christian Aid and Medical Aid for Palestinians hanno denunciato come un
milione e mezzo di abitanti della Striscia, (più della metà sono bambini)
continuano a essere strangolati da un assedio illegale sotto ogni punto di
vista.

Nel rapporto, nominato "Speranze svanite, la continuazione del blocco di
Gaza" si fa luce sulle promesse disattese d'Israele di un allentamento
dell'assedio all'indomani del massacro dello Freedm Flotilla. Secondo l'Onu,
Israele ha permesso l'entrata a solo il 7 percento del materiale necessario
per la ricostruzione degli ospedali e delle scuole danneggiate o distrutte
durante l'offensiva Piombo Fuso, e ciò fra le altre cose quest'anno ha
comportato l'impossibilità d'accesso all'istruzioni ad oltre 40 mila
studenti. L'economia continua a essere al collasso per via del blocco delle
importazioni e delle esportazioni, con il 93 percento delle industrie chiuse
e oltre il 70 percento della forza lavoro disoccupata. L'88 percento della
popolazione continua a vivere di aiuti, sotto la soglia di povertà.

L'imposizione della "buffer zone", quella porzione di terra nei pressi del
confine che Israele ha di fatto sequestrato sparando a chiunque si avvicini,
secondo l'Onu riguarda terreni fertili dal confine fino a un chilometro e
mezzo nell'entroterra palestinese, cioè il 35 percento del totale dei
terreni coltivabili a Gaza e che ora sono lasciati incolti. E' proprio
avvicinandosi a queste zone di confine che si ha la misura di quanto
l'assedio non si sia affatto attenuato, ma al contrario stretto attorno alle
vite dei suoi abitanti, rendendo la vita impossibile ai contadini e ai molti
raccoglitori di materiale edile di riciclo dai palazzi in macerie.

Dall'inizio di novembre ad oggi, il Palestinian Center for Human Rights e
l'International Solidariety Movement hanno documentato 31 attacchi compiuti
dei soldati israeliani al confine direttamente contro civili palestinesi.
Sei di queste vittime sono bambini.

Restiamo Umani
Vittorio Arrigoni per Peacereporter.net

giovedì 23 dicembre 2010

Vieni via con me

Da: "Italia dall'estero". Articolo del giornale "Pùblico"

“Tutto è diventato accettabile. E questo ha portato ad indifferenza e rassegnazione, in maniera tale che o accetti il compromesso o te ne vai “. Alberto è di Napoli, ha 38 anni, una laurea in economia e lavora in un call center a Barcellona. Parla con nostalgia, ma anche con speranza. “L’importante è la qualità della vita, e al mio paese non ne avevo”. Alberto, utente del Bicing [servizio comunale di biciclette, N.d.T.], amante del mare e della montagna da buon napoletano, è uno dei 22.946 italiani che ci sono a Barcellona, secondo il censimento del primo gennaio di quest’anno. Circa la metà di essi (il 48%) però, è nata in Sud America (soprattutto in Brasile, Uruguay e Argentina). Ma vi è anche un certo numero di italiani non censiti perché ancora residenti nel loro Paese. Per il secondo anno consecutivo, quella Italiana è la più numerosa comunità straniera nella capitale catalana. Lo dimostra il fatto che quando si sente parlare italiano a Barcellona non necessariamente si tratta di un turista o di un Erasmus. Camerieri, giornalisti, pony express, insegnanti, fotografi, medici, avvocati o muratori si sono stabiliti a Barcellona negli ultimi cinque o dieci anni. Alcuni, come Alberto, non fanno esattamente il lavoro per cui hanno studiato. “Non siamo di fronte a una fuga di cervelli, ma piuttosto ad una fuga di cuori” osserva Marcello Belotti, attore, traduttore e insegnante di 39 anni, negli ultimi cinque a Barcellona. La maggior parte di questi nuovi barcellonesi ha tra i 25 ei 45 anni e ha voluto cambiare aria perché non sopporta la situazione in Italia. La prima preoccupazione è di carattere politico. “Diciamo che la democrazia in Italia è molto limitata”, dice Marcello. Ma poi va oltre: “Non mi sento di ritornare in un paese fascistoide“.
Andrea De Lotto, 45 anni, insegnante alla scuola italiana, ha lasciato l’Italia nel 2001. È scandalizzato dal discorso della destra: “Dagli anni Novanta la situazione è diventata insostenibile. La Lega Nord ha iniziato a inviare il suo messaggio razzista contro i meridionali, ora lo fa contro gli stranieri” dice, ricordando “con vergogna” episodi come quello dei campi rom bruciati, la corruzione, le aggressioni, i gruppi neofascisti in aumento, le ronde dei cittadini per difendersi, le leggi ad-personam…[...]
La morale del Vaticano
Luna e Sara hanno 29 e 32 anni e sono una coppia di fatto. La prima è fotografa, la seconda designer grafica. Hanno lasciato l’Italia per ovvi motivi, non sopportavano la morale di un paese fortemente influenzato dal Vaticano che non le ha mai accettate fino in fondo. “Il paragone con la Spagna è brutale”, dice Luna.
Alberto, anche lui omosessuale, si lamenta della leggerezza con cui si affronta l’argomento: “Ne fanno riferimento esclusivamente i reality show, è vergognoso.”
E la Sinistra, che ruolo ha? Tutti gli intervistati concordano sul fatto che è complice della situazione. “Non ha creato un discorso unitario, ha consegnato il potere alla destra”, afferma Antonio Paolo Russo, professore presso l’Università Rovira i Virgili, 41 anni, che era legato al PCI e poi al PDS (Partito Democratico della Sinistra). De Lotto, l’insegnante elementare milanese, chiarisce questa valutazione: “La sinistra è andata perdendo contatto con la gente e molti lavoratori si sono fatti convincere dal linguaggio della destra, che ha giocato la carta della paura: “difendi casa tua dal marocchino, il tuo lavoro e la tua famiglia”, gli dicono.
“Non hai bisogno di un esercito per imporre una dittatura”, afferma Michele Tabucchi – figlio dello scrittore toscano Antonio Tabucchi -, fotografo di 39 anni che ammette che nel suo paese c’è stata una “rivoluzione culturale televisiva negli ultimi decenni che ha trasformato i cittadini in telespettatori.” Lui era piccolo, ma ricorda un’altra Italia: “Ho vissuto il terrorismo e la mafia, altri tempi, ma anche un’Italia più solidale, più sincera, più viva e più simpatica. Il potere dei mezzi di comunicazione è brutale.”
Ma che cosa fanno questi italiani? Se ne vanno, abbandonano la nave? “Non si tratta di un coniglio che fugge” spiega Claudia. “Andarsene non è sempre facile. La situazione di scoraggiamento è molto forte. Io non credo che sia un atto di codardia”. Non lo è. Lo dimostrano iniziative come Lo Sbarco o associazioni come AltraItalia, che mirano a far conoscere dal di fuori la situazione del paese. Parlano di cambiare l’Italia? “Non esageriamo…” dice Marcello, “semplicemente vogliamo spiegare problemi che dall’interno sono difficili da spiegare per via del terribile potere dei media”. L’insegnante della Scuola italiana fa un esempio per spiegare questa differenza: “Quando butti una rana in una pentola d’acqua bollente, quella salta e se ne va; quando l’acqua è tiepida però, e la fai scaldare lentamente fino a farla bollire, la rana non si rende conto di cosa sta succedendo e ci resta dentro finché muore”. Torneranno a casa? Per la maggior parte l’Italia sarà sempre il paese più bello del mondo, ma Barcellona è diventata la loro casa. “Ho poche speranze che tutto questo cambi: non vedo un altro Rinascimento al momento. E non è pessimismo, è realismo”.

martedì 21 dicembre 2010

Kennedy risponde a Gasparri

Massima gratitudine ai noti statisti per avere spiegato agli studenti anti-Gelmini che cosa il governo si aspetta dalla loro manifestazione di martedì: il sangue. Per questo la banda avanza proposte impraticabili: vietare le piazze a persone incensurate con provvedimenti da stadio, minacciare i tribunali per cambiare le sentenze a proprio uso e consumo, arrestare preventivamente qualcuno perché Gasparri pensa che potrebbe commettere reati, cazzate così. Roba che una persona normale si vergognerebbe non dico di enunciarla, ma pure di pensarla. Però utilissima a soffiare sul fuoco, nella speranza che domani si scateni il caos, magari con l'aiuto di qualche reduce di quella manovalanza della violenza da sempre pronta a "destabilizzare per stabilizzare". Chi gli farà questo regalo sa fin d'ora che non solo la porcata Gelmini, ma altre e ancor peggiori porcate verranno grazie a quella violenza. Chi invece vuole contrastare il regime sa quel che deve fare: il contrario di quel che si aspetta il regime. Una manifestazione oceanica e pacifica, addirittura beffarda nella sua imperturbabile legalità.
Marco Travaglio

Intanto, è lo stesso Kennedy a rispondere alle irripetibili parole di Gasparri...

venerdì 17 dicembre 2010

Violenti, volenti o nolenti

Non sono mai stata favorevole agli scontri , alla violenza gratuita , al distruggere oggetti visto che poi alla fine le cose verranno ricomprate, alché si aiuta solo a far girare questa maledetta economia...
Normalmente avrei storto il naso, avrei dissentito, avrei gridato di smetterla al ragazzino che davanti a me sfondava un bancomat. Mi sarei dissociata...
Questa volta però, questo sentimento dentro di me non è sorto. Non è scattato niente. Ero lì, a guardare la camionetta dalla finanza che andava a fuoco, attonita, come se fosse davvero quello il normale procedere delle cose. Guardavo incazzata invece la fila di blindati delle forze dell'ordine che sbarrava la strada ai pompieri...meglio picchiare qualche manifestante in più che evitare un incendio, vero? Quale altro esito, come si poteva rimanere a testa bassa quando per l'ennesima volta, la speranza di vedere l'inizio della fine di un' era che ha trasformato i più in meri spettatori televisivi, è stata spazzata via, comprata, venduta, derisa, infranta? Quale altro esito con un Berlusconi che subito dopo gli scontri, ha dischiarato di non essere a conoscenza di alcun italiano al quale il governo ha fatto del male...Quale altro esito per non essere di nuovo ingurgitati dal silenzio mediatico...senza scampo in un paese paradossale dove si lanciano oggetti anche contro la sede della protezione civile??

Via del corso, la desolazione e il silenzio che si è lasciato dietro lo scontro: madre e figlio camminano noncuranti. Gli acquisti nelle tante buste tra le mani...in lontananza il fumo dei lacrimogeni si confonde con le lucine degli addobbi natalizi...
A.

Alice: "Non è qui che ho preso le manganellate. Quelle me le hanno date alla schiena e alla testa. Però mi hanno spiegato che dopo un po' l'ematoma scende...". Le manca una scarpa da martedì Ha fame e freddo. "Abbiamo passato la notte in via Patini, dove fanno il fotosegnalamento. Ci hanno messo in uno stanzone senza una sedia o una panca in cui hanno tenuto sempre aperte le finestre. Niente da mangiare, niente da bere". Dopo l'arresto "ci hanno legato i polsi con le stringhe di plastica e un poliziotto ci ha detto che ci avrebbero fatto vedere cosa era successo a Bolzaneto. Finché non è arrivato un superiore che ha ordinato di non toccarci". Anche al commissariato "Trevi" ci sono stati momenti complicati. Alice ha una smorfia di pudore: "Diciamo che non ho voglia di ripetere cosa mi ha detto uno degli agenti che ci sorvegliavano".

Riccardo Li Calzi, palermitano e studente fuori sede a Bologna, è accusato di aver "selvaggiamente resistito all'arresto". Trasecola. Ha dei punti in testa e il mignolo fratturato. Giura di essere stato preso alle spalle da una carica in via del Corso. Che di "selvaggio" c'è stato solo l'accanimento di uno sfollagente sulla sua testa, mentre era ormai sull'asfalto. Il Tribunale lo ascolta perplesso. Finché l'avvocato Francesco Romeo non mostra su un notebook un video pescato su YouTube ("La Polizia si accanisce sui manifestanti"). Riccardo si distingue rannicchiato in posizione fetale. Non ha il volto coperto. Implora di non colpirlo ancora, mentre tenta di salvare gli occhiali che stringe nella mano sinistra. Il Tribunale acquisisce le immagini.

Anche Angelo De Matteis non si riconosce nella descrizione del brogliaccio di arresto che lo accusa di resistenza. È uno studente barese di lingue. Ha un bendaggio sulla testa che copre i tre punti che suturano la ferita aperta dallo sfollagente che lo ha abbattuto davanti alla saracinesca di un negozio di via del Corso, cui aveva bussato, implorando di aprire, quando le cariche erano cominciate. "Ricordo questo poliziotto corpulento con la maschera antigas e un braccio grande come la mia gamba che continuava a darmele. Ricordo anche che mi hanno sputato". Aggiunge: "In piazza non ho fatto niente. Non ho tirato neanche una carta per terra. E so che in piazza ci tornerò. Questa volta in mutande e a mani alzate, così vediamo".

Queste sono alcune delle testimonianze dei ragazzi arrestati e poi liberati, sostanzialmente per mancanza di prove, dato che non ci sono video né foto che li ritraggono nelle attività per le quali sono stati accusati. Maroni è indignato e li giudica come "veri e propri delinquenti", una "minoranza di professionisti della violenza che non vorranno perdere la prossima occasione per creare violenza e terrore" e che, secondo il ministro, hanno "preso in ostaggio" il grosso del corteo. Alfano invia gli ispettori dicendo di essere "dalla parte dei cittadini", come se gli studenti non fossero più cittadini. I partiti si dividono. Alemanno grida all' "ingiustizia". Le televisioni attaccano gli studenti. Poco si parla dei perché della protesta e ci si ferma al primo gradino, quello della normale critica alla violenza...la cosa più facile. Solo Santoro ieri sera, durante una puntata molto accesa di Annozero, ha giustamente suggerito che gli studenti, dopo 2 anni di inascolto da parte delle istituzioni, sono per forza giunti a tanto. E purtroppo solo grazie a questo si è parlato di loro, di noi, in questi giorni.
Quanta schifosa ipocrisia nell'aria: vorrei tanto vedere la stessa indignazione verso politici evasori, corrotti e mafiosi al governo. Solo allora potrei dar retta agli italiani
.

F.

Fonti:
La Repubblica1
IL DIBATTITO E' APERTO

mercoledì 15 dicembre 2010

I soliti ignoti

Ieri abbiamo visto tutti cosa è successo lungo Via del Corso a Roma. C'è chi ha paragonato la giornata di ieri agli anni di piombo, chi tristemente al G8...insomma cose che non si vedevano da davvero molto tempo. Tavoli smembrati, cabine distrutte, sanpietrini divelti, lancio di vernice, pietre, paletti. Una città nel caos totale con situazioni di tangibile tensione e vera e propria guerriglia urbana. Chi c'è stato ha detto che erano molti i manifestanti già partiti con caschi e scudi e che quindi avevano probabilmente messo in conto, se non di attaccare, almeno di poter essere attaccati. Daltronde si sa che chiudendo ai manifestanti un'ampia zona del centro storico, li si invita a nozze e indirettamente si facilitano gli scontri con le forze dell'ordine. Ma non stò qui a parlare del perché e del come degli scontri, se erano legittimi o meno, organizzati o imprevisti. La cosa gravissima non è il casino che gli studenti hanno fatto per le vie di Roma, perché finquì purtroppo la cosa è da considerarsi "normale" (succede già a Londra, ad Atene, Parigi ecc...) oltre he legittima. Purtroppo c'erano i Black-blok che, come ha detto ieri Michele Serra alla trasmissione Parla con me, lo fanno "per sport", nel senso di gioco, passatempo folle, senza alcun fondamento politico e ideale se non quello di fare casino e sfogarsi come durante una rissa o come la domenica allo stadio. No, niente di tutto questo. Una cosa gravissima che s'è vista ieri, è che in mezzo a quei "facinorosi", oggi ben denigrati dai più alti borghesi, dai più corrotti politici e dai più lecchini giornalisti; fra quei studenti della Sapienza, fra quei ricercatori incazzati e quei precari disperati con tutto il diritto di manifestare; c'erano polizziotti infiltrati in borghese. Subdoli, nascosti, irriconoscibili, falsi. Agenti in borghese a volto coperto, con spranghe e pale in mano, a caricare e colpire camionette e altri agenti. Aizzavano la folla, spingevano alla violenza, contribuivano al caos totale. Essendone partecipi e attivi protagonisti, anche loro ne sono responsabili, ma non credo che Emilio Fede & Co. questo l'abbiano detto.
Senza di loro, la guerriglia si sarebbe comunque creata, ma almeno io come cittadino italiano ed europeo, non mi sarei sentito dentro ad un falso e ipocrita regime, che paga coi soldi pubblici agenti di polizia per creare il caos anziché evitarlo. Questa assurdità non è Orwel, non è l'11 settembre, non è un regime sud-americano né uno sovietico; è l'Italia nel 2010, siamo noi adesso.
Questi agenti magari erano solo qualche decina, ma già abbastanza da rendere la cosa assolutamente immorale e incredibile. Che bisogno c'era di fare questo? Mi pare che la polizia aveva ben altro da fare e sia stata in enorme difficoltà per contenere una folla immane inferocita. Quale mente folle ha pensato di contribuire e alimentare il delirio già previsto? E comunque c'è bisogno di dire che sia profondamente ingiusto che il governo contribuisca agli scontri, alla violenza e all'instabilità di un popolo?
La risposta ufficiale della Guardia di Finanza (GdF) rasenta l'assurdo: se i manifestanti avevano radio e manette da agenti, era perchè le avevano rubate; e il giovane che soccorre un finanziere sotto shock con in mano una pistola, lo fa perchè vuole salvarlo dalla folla e non è in alcun caso un infiltrato della polizia...Inoltre, il ragazzo con manette e manganello in mano, oltre che indossare stranamente un giubbotto beige e perciò molto riconoscibile (solitamente i "facinorosi" si vestono tutti di nero per essere poco distinguibili nella mischia), indossa anche un guanto rosso, segni questi di voler essere ben distinto dai polizziotti per evitare qualche manganellata di troppo. In giornata tale persona è stata fermata e portata via dagli agenti, ma poi non risulta in alcun elenco di arrestati perché, si legge, "minorenne". Se guardate le foto, è davvero difficile da credere e da farci credere, che quell'uomo alto e piazzato, abbia 16-17 anni. Come se non bastasse, la GdF in giornata ha più volte ammesso la presenza di "agenti in abiti civili" per poi smentire subito dopo. Una bella barzelletta insomma. E purtroppo questi ormai fanno parte della scena, ce li dobbiamo aspettare alle manifestazioni, ci dobbiamo convivere, "tanto lo sai che ci sono gli infiltrati".
Sostenere ciò equivale a dargliela per vinta, accettarlo. No. E' questo che volevo dire con questo post. Questo fattaccio, questa tremenda ingiustizia, si ripresenta ogni volta, senza che noi gli dessimo il giusto peso, la giusta gravità. Anzi gravemente ce ne dimentichiamo sempre. Questo non deve passare, questo non deve più succedere. Questi infiltrati schifosi (come quelli di Genova, come quelli di Piazza Navona e chissà quante altre occasioni, ormai rientrate fra le vergogne e i segreti di Stato), che contribuiscono alla violenza di piazza, alla guerriglia, alla morte e al terrore, che offuscano le vere motivazioni della protesta e che infangano studenti e precari che lottano ogni giorno per avere un futuro; questi perenni impuniti, questi sudici soliti ignoti vanno presi, assieme ai loro mandanti, e trascinati in piazza per esser sottoposti a giudizio del popolo; e allora vorremo noi sentire davvero se le loro urla riusciranno a sovrastare quelle delle sirene della polizia.

Fonti:
La Repubblica

Assemblea studentesca

Oggi pomeriggio alle ore 17:00 presso la sala della Muta

ASSEMBLEA STUDENTESCA

Muovi le chiappe

sabato 11 dicembre 2010

London calling

Da: Il Manifesto

«Che cosa diavolo è successo alla Harry Potter generation?», si chiede l'Inghilterra per bene sorpresa dall'esplosione di una rabbia giovanile che non si vedeva da decenni. «Chi semina vento raccoglie tempesta», risponde Jonas, un ragazzo di 17 anni che studia in un college di Hackney nella zona est di Londra. «Che cosa si aspettavano da ragazzi che stanno condannando ad una vita senza futuro?».
Una generazione disillusa e arrabbiata, politicizzata ma poco ideologica che sembra trovare nella violenza di piazza l'unico mezzo per esprimere il proprio dissenso contro la politica lacrime e sangue proposta dal governo del Tory Cameron e del Libdem Clegg. Ragazzi che per parafrasare un celebre proverbio arabo assomigliano molto di più ai tempi di crisi in cui sono cresciuti, piuttosto che ai propri genitori che ai loro tempi di proteste ne hanno fatte poche, per lo più pacifiche, e su problemi che non li toccavano direttamente come la fame nel terzo mondo o l'apartheid in Sudafrica. E che non si sentono rappresentati dal sindacato studentesco percepito come distante e parte del sistema, ma neppure dai gruppuscoli e partitini della sinistra antagonista che pure cercano di approfittare dell'ondata di mobilitazione per reclutare militanti.

Il vecchio motto punk «no compromise» è diventato non a caso uno degli slogan più popolari tra gli studenti che scendono in piazza con tanti cartelli ma poche bandiere. Con la testa incappucciata ed i volti coperti, ed al suono di musica drum'n'base come eravamo abituati a vedere in Germania, in Francia o in Italia. Certo non nel regno di Elisabetta II. E questo antagonismo si riflette nelle dichiarazioni dei leader del movimento per nulla intimiditi dall'attacco della stampa contro gli studenti che il Sun bolla «yobs», come i compagni di violenze di Alex in Arancia Meccanica. Per Clare Solomon presidente del sindacato degli studenti universitari londinesi «chi parla di violenza è un'ipocrita. Sono gli stessi che sostengono la guerra in Afghanistan. I violenti sono quelli che usano i fucili. Non chi rompe una vetrina». Sulla stessa linea Mark Bergfeld, carismatico leader della coalizione Education Activist Network che sostiene che la violenza è stato «il risultato delle condizioni orribili in cui sono stati tenuti gli studenti», finiti cordonati per ore dagli agenti nella zona del parlamento.

Aaron Porter, presidente del sindacato degli studenti universitari (Nus) che sin dall'occupazione di Millbank dello scorso novembre aveva criticato la «minoranza violenta» si ritrova un pastore senza gregge. La vigilia pacifica di protesta con tanto di candele organizzata a Embankment sulle sponde del Tamigi, è stata un flop. Solo 7.000 persone contro le oltre 30.000 che hanno partecipato alla manifestazione di fronte al parlamento in cui si sono visti scontri di massa tra studenti e polizia. Ed ora il fronte radicale degli studenti si sta organizzando per creare un nuovo sindacato degli studenti da opporre al sindacato unico Nus tacciato di moderazione e indecisione.
Il radicalismo che sta provocando una scissione tra moderati ed antagonisti nel movimento studentesco britannico è la spia di un risentimento largamente diffuso non solo tra gli studenti universitari ma anche tra i teenagers delle scuole superiori che gli hanno dato manforte delle proteste.
Alla base c'è la percezione di un futuro che rischia di essere senza lavoro come è quello del 17% dei giovani inglesi, dato destinato a crescere nei prossimi mesi a causa del blocco delle assunzioni in buona parte del pubblico impiego e a causa della stretta sull'economia prodotta dai tagli. E va pure peggio per i laureati: il 25% sono senza lavoro in un paese in cui fino a tre anni fa le compagnie facevano incetta di studenti freschi di laurea.
Se ai tempi della crisi continuare a studiare non sembra aumentare le possibilità di trovare un posto di lavoro, per gli studenti l'università continua a rappresentare un approdo dove provare a esaudire i propri sogni anche se non sfoceranno in un posto di lavoro. «Perché devo fare per forza ingegneria o fisica, come vuole il governo?», si chiede Camilla una studentessa di 16 anni che vuole studiare antropologia all'università. Sono queste aspirazioni frustrate che alimentano gli insulti contro i «Tory feccia», e quello che si può solo chiamare un'odio di classe contro i banchieri che come denuncia Thomas, uno studente di sociologia, «prima ci hanno rubato i soldi ed adesso ci vogliono rubare anche la speranza».