martedì 12 aprile 2011

Rivolte a Lampedusa

Lampedusa: le deportazioni e le rivolte. Cronaca in diretta
Continuano le operazioni di rimpatrio forzato dalla Sicilia alla Tunisia,
secondo quanto pattuito tra il governo italiano e Tunisi: poche decine di
persone al giorno, per mettere in scena questa crudele operazione "simbolica"
sulla pelle di alcuni migranti scelti a caso.
Alle 13:00 è partito il primo volo da Lampedusa a Tunisi. Le prime 30 persone
sono state fatte salire sull’aereo di linea con l’inganno: dalla mattina i
"prescelti" per il rimpatrio forzato erano stati separati da tutti gli altri e
tenuti all’oscuro di quanto sarebbe loro avvenuto.

Il primo aereo è infatti partito nella tranquillità perché i migranti erano
convinti di essere in viaggio verso l’Italia. Appena arrivati in Tunisia, però,
i rimpatriati a forza hanno avvertito tutti gli altri rimasti ancora in Italia:
i circa 1050 migranti tunisini che adesso si trovano di fatto detenuti nel
centro di Contrada Imbriacola, diventato ancora una volta CIE, hanno allora
iniziato la rivolta al grido di "libertà", "Ben Alì assassino", "No Tunisia".

Sono saliti sui tetti e hanno dato fuoco a qualcosa dentro l’edificio
centrale. Ben presto è partita una carica dei poliziotti in tenuta
antisommossa, ma all’arrivo dei pompieri i migranti hanno dato l’ssalto alla
recinzione e in un centinaio sono fuggiti.
Alcuni, stremati, sono caduti a terra in piena crisi respiratoria. Altri sono
dispersi nella campagna e da quel momento è iniziata una vera e propria caccia
all’uomo.
"Tre sono appena stati catturati per le vie del paese", ci dice Pietro
Milazzo, responsabile siciliano dell’immigrazione per la Cgil, che si trova a
Lampedusa e racconta tutto quello cui ha potuto assistere durante questa
concitata giornata.
"Stanno preparando il secondo imbarco di altre trenta persone" ci dice alle 19:
30 circa di questo lunedì 11 aprile.
Davanti l‘aeroporto un centinaio di poliziotti impediscono il contatto coi
migranti che questa volta gridano cercando di opporsi all’imbarco forzato: "non
torno in Tunisia" e "non siamo animali" sono le frasi che sentiamo scandire
nella confusione attraverso il telefono di Pietro.
L’aereo sta per partire. Le fiamme del centro di detenzione, per il momento
sono state spente.

Vedi anche:
http://www.meltingpot.org/articolo16691.html

Nessun commento: