No, il Cie non è una scuola. Tanto meno un liceo per insegnare agli stranieri la lingua italiana. Inciampa e annaspa il sindaco socialista di Camerino Dario Conti che in un primo momento, salvo un rapido dietrofront, aveva dato l’ok ad ospitare il Centro di identificazione ed espulsione di cittadini stranieri che il ministero vuole realizzare nelle Marche e che nessuno vuole. Per camerino, invece, poteva essere un affare. Sì perché nella cittadina sta per sorgere il primo nuovo carcere del piano nazionale promosso dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: un istituto da 450 posti (spesa prevista 40 milioni di euro), che verrà costruito nella frazione Morro. Il Centro di identificazione ed espulsione di cittadini stranieri avrebbe potuto rientrare nelle opere connesse. E il primo cittadino era pronto già a fregarsi le mani.
“Avevamo chiesto di accogliere noi un centro di identificazione - aveva dichiarato -, ma sembrava che le preferenze degli ispettori del Viminale fossero cadute su Falconara. Se la nostra domanda venisse presa in considerazione ci attiveremmo subito per agevolare le pratiche”.
Poi il ripensamento. Con un giro di telefonate il sindaco apprende che non si tratta, come pensava, di una scuola-liceo per insegnare agli stranieri la lingua italiana, la Costituzione, le norme di comportamento e tutto il necessario per aiutare gli extracomunitari a inserirsi nella vita civile e nel mondo del lavoro. Ma di strutture atte ad ospitare, a volte per lunghi mesi, stranieri sottoposti a provvedimenti di espulsione o di respingimento. Dei veri centri di smistamento, spesso sovraffollati, dove le emergenze sono all’ordine del giorno, e per questo non
particolarmente graditi alla popolazione locale.
Il sindaco cade dalle nuvole. “Avevo visto questa scuola-liceo per stranieri - spiega
-come una risorsa in quanto ci sarebbero stati posti di lavoro per gli insegnanti, possibilità di mettere loro a disposizione piccoli appartamenti, affittacamere e quant'altro”. Ma la realtà è di tutt’altro genere. Ed è un brutto colpo da incassare. Anche perchè tutta la maggioranza senza tanti giri di parole gli chiede subito conto della questione. Ma il sindaco non si perde d’animo e , pronto, cambia tono. “Il Cie di accoglienza - spiega - è un corpo estraneo che difficilmente si inserisce nella nostra città, per non parlare di eventuali rischi per l’ordine pubblico. Per cui - taglia corto - se non si farà più questa struttura a Falconara, non si può sperare che la accolga Camerino”.
Passato di mano il cerino acceso, la questione ora si ripropone. Sullo sfondo l’opposizione netta del governatore Spacca e dell’Assemblea legislativa (che si è espressa con un voto bipartisan), “indisponibili” a condividere con il Governo la scelta di creare un Cie nelle Marche. Tanto più che alla base c’è una netta presa di posizione contro l’istituzione stessa dei centri, dalle condizioni
di vita proibitive, gravati da “promiscuità, insufficiente assistenza legale, sanitaria e psicologica”. Senza contare poi la lunga durata (fino a sei mesi) di trattenimento degli stranieri che trasformano queste strutture in vere e proprie polveriere. Non sono rari, infatti, gli episodi di protesta e i tentativi di fuga.
A dire l’ultima parola è il coordinatore regionale e deputato Pdl Remigio Ceroni. Il quale incassato il rifiuto, non può che riannodare il filo della questione assicurando che “sono allo studio altre soluzioni”. Ma il problema resta. Il principio generale, dice, “resta valido”. E perciò ci si dovrà rassegnare. “Contrastare l'immigrazione illegale è un problema di cui devono farsi carico tutte le regioni”, afferma Ceroni. Marche, Campania, Veneto e Toscana sono le uniche regioni ancora prive di centri di espulsione e nelle intenzioni del ministero la lacuna dovrà essere colmata entro il 2011.
“Avevamo chiesto di accogliere noi un centro di identificazione - aveva dichiarato -, ma sembrava che le preferenze degli ispettori del Viminale fossero cadute su Falconara. Se la nostra domanda venisse presa in considerazione ci attiveremmo subito per agevolare le pratiche”.
Poi il ripensamento. Con un giro di telefonate il sindaco apprende che non si tratta, come pensava, di una scuola-liceo per insegnare agli stranieri la lingua italiana, la Costituzione, le norme di comportamento e tutto il necessario per aiutare gli extracomunitari a inserirsi nella vita civile e nel mondo del lavoro. Ma di strutture atte ad ospitare, a volte per lunghi mesi, stranieri sottoposti a provvedimenti di espulsione o di respingimento. Dei veri centri di smistamento, spesso sovraffollati, dove le emergenze sono all’ordine del giorno, e per questo non
particolarmente graditi alla popolazione locale.
Il sindaco cade dalle nuvole. “Avevo visto questa scuola-liceo per stranieri - spiega
-come una risorsa in quanto ci sarebbero stati posti di lavoro per gli insegnanti, possibilità di mettere loro a disposizione piccoli appartamenti, affittacamere e quant'altro”. Ma la realtà è di tutt’altro genere. Ed è un brutto colpo da incassare. Anche perchè tutta la maggioranza senza tanti giri di parole gli chiede subito conto della questione. Ma il sindaco non si perde d’animo e , pronto, cambia tono. “Il Cie di accoglienza - spiega - è un corpo estraneo che difficilmente si inserisce nella nostra città, per non parlare di eventuali rischi per l’ordine pubblico. Per cui - taglia corto - se non si farà più questa struttura a Falconara, non si può sperare che la accolga Camerino”.
Passato di mano il cerino acceso, la questione ora si ripropone. Sullo sfondo l’opposizione netta del governatore Spacca e dell’Assemblea legislativa (che si è espressa con un voto bipartisan), “indisponibili” a condividere con il Governo la scelta di creare un Cie nelle Marche. Tanto più che alla base c’è una netta presa di posizione contro l’istituzione stessa dei centri, dalle condizioni
di vita proibitive, gravati da “promiscuità, insufficiente assistenza legale, sanitaria e psicologica”. Senza contare poi la lunga durata (fino a sei mesi) di trattenimento degli stranieri che trasformano queste strutture in vere e proprie polveriere. Non sono rari, infatti, gli episodi di protesta e i tentativi di fuga.
A dire l’ultima parola è il coordinatore regionale e deputato Pdl Remigio Ceroni. Il quale incassato il rifiuto, non può che riannodare il filo della questione assicurando che “sono allo studio altre soluzioni”. Ma il problema resta. Il principio generale, dice, “resta valido”. E perciò ci si dovrà rassegnare. “Contrastare l'immigrazione illegale è un problema di cui devono farsi carico tutte le regioni”, afferma Ceroni. Marche, Campania, Veneto e Toscana sono le uniche regioni ancora prive di centri di espulsione e nelle intenzioni del ministero la lacuna dovrà essere colmata entro il 2011.
2 commenti:
per esempio, questa è una notizia che potrebbe (DOVrebbe) interessare anche gli studenti: numericamente sono anche superiori ai residenti camerti, e per questo più che mai interessati.
e l'università stessa spero abbia avuto modo (o coraggio) di esporre la sua opinione a riguardo. Temo però che tutto ciò non sia avvenuto, quindi ritengo sia compito della Ass.Cult. Pablo Neruda di Camerino (e chi meglio di loro!) di divulgare la notizia e (tentare di) sensibilizzare quelle bambolette di plastica che sono gli studenti e i luminari pluridecorati e ben radicati professori e i camerti bontemponi.
Più che una responsabilità del Pablo a me sembra una cosa su cui tutti le realtà di attivismo delle Marche devono fare pressione. Il problema, infatti, è regionale: a meno che il problema non sia avere un CIE vicino casa propria, la questione è che non si vuole un CIE nelle Marche, punto e basta! Le motivazioni sono tante sia umane che politiche, in parte spiegate nell'articolo.
No al CIE ne a Camerino, ne a Falconara ne altrove!
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